Novembre 2024
NON È STATO FACILE
di Giuseppe Donolato
C’è
chi
dice
che
ogni
Io
sia
invece
un
noi,
che
il
contesto
sociale
in
cui
si
nasce
sia
il
nostro
padrone
e
che
ognuno,
in
fondo,
viva
inconsapevolmente
nella
propria
auto-narrazione.
Al
che,
pur
dichiarandomi
pittore
e
poeta,
in
verità
non
so
chi
sono.
Il
talento,
anche
fosse,
è
mio
o
è
dato
attraverso
l’attribuzione
altrui? E in che modo coesisto nella mia convinzione illusoria?
È
trascorso
il
Novecento
e
per
gli
artisti
il
mondo
si
è
trasformato
a
gran
velocità
e
altrettanta
fertilità.
Ma
nei
primi
decenni
del
XXI
secolo,
di
fronte
a
una
nuova
grande
accelerazione
mediatica,
il
mondo
artistico
è
sembrato
inappropriato,
a
rimorchio,
soppiantato
dal
mondo
della
tecnica
che
lo
ha
sminuito
per
inflazione
e
consumo.
Tante
immagini,
troppe,
tante
parole
ovunque.
Frettolose,
superficiali,
ingannevoli.
“È
solo
il
progresso,
-
sa
dire
l’ottimista
- semplicemente lo specchio della realtà”.
Queste
iniziali
riflessioni,
coscientemente
avvolte
in
un
velo
di
perplessità,
le
ho
scritte
per
giustificare
il
senso
di
smarrimento
che
provo
attualmente
di
fronte
alle
cose
dell’arte.
E
che
questa
frustrazione
sia
dovuta
a
un
confuso
Io
filosofico
o
al
sistema
sociale,
poco importa.
Non
è
stato
facile
vivere
da
pittore
e
avere
spazi
appropriati.
Ma
per
tanto
tempo
ho
creduto
che
studio,
applicazione
e
impegno
comportassero
un
traguardo
futuro,
personale
o
collettivo,
mi
sono
detto
che
da
vecchio
avrei
assaporato
qualche
frutto
dell’utopia
e
avrei
smesso,
per
qualche
anno
almeno,
i
panni
dell’invisibilità.
Ma,
giunto
a
oggi,
all’opposto,
ho
scoperto
che
le
gallerie
d’arte
private
non
hanno
potuto
che
chiudere,
quelle
aperte,
comprese
le
pubbliche,
fanno
pagare
la
vanagloria
espositiva
agli
artisti,
gli
appassionati
d’arte
seguono
soltanto
grandi
nomi
pubblicizzati
e
gli
editori,
spesso,
risultano
essere
latitanti
se
non
banali
affaristi.
Del
sostegno
della
politica
meglio
non
dire
e,
così,
dei
vecchi
lagnosi
come
me.
Ce
n’è
per
smettere,
per ritirarsi al comodo e curarsi le ferite.
E,
invece,
i
tanti
anni
vissuti
hanno
saputo
insegnare
che
la
creatività
è
lenitiva,
che
la
scrittura
consola
e
la
pittura
può
ancora
stupire
l’antico
bambino
interiore.
Non
resta
altro
che
fare
arte
per
l’Arte,
consegnarsi
sereni
alla
Musa,
avendo
cura
della
propria
Anima
(junghiana)
con
l’intento di viziarla al Bello delle forme e delle parole.
Anche
se,
ricordando
Lacan
,
"Il
linguaggio,
prima
di
significare
qualcosa, significa per qualcuno".
Il peso dell’illusione
È inutile chiedersi
quanto pesi l’illusione:
se più o meno di una piuma,
se i grammi servono a valutarla.
L’animo la sostiene
come un refolo d’aria
e pare poco più d’un accenno,
una presenza eterea e vaga.
Soltanto quando cade
diventa un macigno,
soltanto allora, vivere
è trascinare una montagna.