numero

Novembre 2022

I NODI E IL PETTINE

di Giorgio Seveso

C’è un adagio, universalmente conosciuto, il quale ricorda a ognuno di noi il fatto che «prima o poi tutti i nodi vengono al pettine». Niente di più vero, lo sappiamo. Presto o tardi infatti ogni contraddizione, ogni stortura, ogni imbroglio viene a galla e si rivela per quello che è. Se diamo alle cose e alla storia il tempo che ci vuole, se esercitiamo sul mondo e sulla realtà che ci circondano una attenzione vera e non solo superficiale, vediamo che moltissime tra le assurdità e gli inghippi, le patacche e gli inganni del nostro palcoscenico vengono spazzati via da un vento di verità, o almeno di maggiore e più complessa comprensione, mutando la loro natura e chiarendo il loro significato reale... Fateci caso, è proprio quello che sta accadendo in questi mesi un po’ dappertutto nel mondo e qui da noi. La lacerazione inaudita e apparentemente inarrestabile che strazia il rapporto tra gli uomini e la natura, tra la Terra e chi la abita con un’insana, incosciente, frenetica bulimìa di sfruttamento, spoliazione e devastazione… La pandemia che in tutto il mondo, frutto anche delle nostre contraddizioni e della cecità dei comportamenti dei più, ha devastato e ancora devasterà le nostre abitudini e le nostre società... La guerra, che dai cinquanta e più piccoli o piccolissimi focolai dei decenni precedenti sparsi su ogni continente, è deflagrata quest’anno anche qui in Europa per colpa dell’aggressione di Putin e di chi nel mondo cerca comunque la lite tramite politiche di espansione e di potenza. La guerra con il suo carico di morte, devastazione, dolore e con la sua retorica dell’imbecillità e dell’ignavia, che rischia sempre più concretamente una tempesta nucleare senza confini e senza ritorno... Questi campi terribili la Pace da una parte, dall’altra la questione ambientale globale, dall’altra ancora la crisi sanitaria nel mondo sono le precondizioni vitali per ogni altra e articolata prospettiva umana. Senza di essi non c’è futuro, prossimo remoto; non c’è spazio per i problemi pure di enorme momento del lavoro e dei diritti, per il divenire di una economia davvero utile al servizio dei popoli e non solo di qualche famiglia di contemporanei pirati; non c’è respiro per una ricerca scientifica all’altezza delle sfide del tempo, adeguata al nostro passato e ai nostri reali bisogni. Non c’è spazio, soprattutto, per un modello di sviluppo davvero diverso da quello che abbiamo perseguito sin qui, e che, in fondo, ci ha portato a ciò che accade oggi. Tutti questi nodi si sono intrecciati e intricati nel tempo, nelle culture del novecento e dei primi anni del nuovo millennio e, come abbiamo visto, non c’è stata rivoluzione o rivolta, filosofia o ideologia o religione capace, sotto ogni latitudine, di invertire la tendenza al disastro, di fermare questa rovinosa, immensa palla di neve sempre più sporca in rotolamento precipitoso verso la catastrofe. Capace di sciogliere quei nodi intricati che abbiamo lasciato formarsi attorno a noi. È proprio questa rovina definitiva, o meglio la sua consapevolezza, la sua certezza se non agiamo in tempo e se non è ormai troppo tardi, a rappresentare oggi il pettine di cui parlavo nel titolo. Ma perché ancora una volta discuterne su queste pagine, che sono dedicate come è noto all’arte di oggi, ai suoi versanti diversi e alle sue contraddizioni? Intanto perché è giusto farlo, soprattutto quando, io e qualche amico di analoghe inquietudini, siamo davvero molto preoccupati, profondamente scossi da ciò che ci accade intorno. Tanto più oggi qui da noi in Italia, con tutto quello che sta accadendo sul piano politico, sociale, economico e, di riflesso, artistico. Poi perché insieme a ciò ancora crediamo che l’arte serve a qualcosa, che la pittura, la scultura, l’immagine, la creatività hanno un ruolo vero e profondo nell’immaginario e nella vita della gente, un ruolo diverso da quello prevalente che si è ormai storicamente determinato. E poi, ancora, perché anche qui, sul terreno dell’arte di oggi, ci sono dei nodi. Molti e contorti, confusi, complessi, specifici e settoriali forse, addirittura elitari, ma ben reali e concreti, fatti di poetiche e di mercato, di linguaggi e speculazioni, di provinciali giochi di potere e di guerre per bande. Nodi che, tra silenzi assordanti e indifferenza attonita del pubblico, sono giunti o stanno arrivando anch’essi al pettine...

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

Giorgio Seveso  Critico d’arte, curatore e giornalista, vive e opera a Milano dal 1969. Fondatore e conduttore di questo blogMagazine, è stato critico de l’Unità per quasi trent’anni.   È nato a Sanremo nel 1944. 2 | © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 | Picasso, La coiffure, 1938 Degas, Donna che si pettina, 1887

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

Giorgio Seveso  Critico d’arte, curatore e giornalista, vive e opera a Milano dal 1969. Fondatore e conduttore di questo blogMagazine, è stato critico de l’Unità per quasi trent’anni.   È nato a Sanremo nel 1944. 2
Novembre 2022

I NODI E IL PETTINE

di Giorgio Seveso

C’è un adagio, universalmente conosciuto, il quale ricorda a ognuno di noi il fatto che «prima o poi tutti i nodi vengono al pettine». Niente di più vero, lo sappiamo. Presto o tardi infatti ogni contraddizione, ogni stortura, ogni imbroglio viene a galla e si rivela per quello che è. Se diamo alle cose e alla storia il tempo che ci vuole, se esercitiamo sul mondo e sulla realtà che ci circondano una attenzione vera e non solo superficiale, vediamo che moltissime tra le assurdità e gli inghippi, le patacche e gli inganni del nostro palcoscenico vengono spazzati via da un vento di verità, o almeno di maggiore e più complessa comprensione, mutando la loro natura e chiarendo il loro significato reale... Fateci caso, è proprio quello che sta accadendo in questi mesi un po’ dappertutto nel mondo e qui da noi. La lacerazione inaudita e apparentemente inarrestabile che strazia il rapporto tra gli uomini e la natura, tra la Terra e chi la abita con un’insana, incosciente, frenetica bulimìa di sfruttamento, spoliazione e devastazione… La pandemia che in tutto il mondo, frutto anche delle nostre contraddizioni e della cecità dei comportamenti dei più, ha devastato e ancora devasterà le nostre abitudini e le nostre società... La guerra, che dai cinquanta e più piccoli o piccolissimi focolai dei decenni precedenti sparsi su ogni continente, è deflagrata quest’anno anche qui in Europa per colpa dell’aggressione di Putin e di chi nel mondo cerca comunque la lite tramite politiche di espansione e di potenza. La guerra con il suo carico di morte, devastazione, dolore e con la sua retorica dell’imbecillità e dell’ignavia, che rischia sempre più concretamente una tempesta nucleare senza confini e senza ritorno... Questi campi terribili la Pace da una parte, dall’altra la questione ambientale globale, dall’altra ancora la crisi sanitaria nel mondo sono le precondizioni vitali per ogni altra e articolata prospettiva umana. Senza di essi non c’è futuro, prossimo remoto; non c’è spazio per i problemi pure di enorme momento del lavoro e dei diritti, per il divenire di una economia davvero utile al servizio dei popoli e non solo di qualche famiglia di contemporanei pirati; non c’è respiro per una ricerca scientifica all’altezza delle sfide del tempo, adeguata al nostro passato e ai nostri reali bisogni. Non c’è spazio, soprattutto, per un modello di sviluppo davvero diverso da quello che abbiamo perseguito sin qui, e che, in fondo, ci ha portato a ciò che accade oggi. Tutti questi nodi si sono intrecciati e intricati nel tempo, nelle culture del novecento e dei primi anni del nuovo millennio e, come abbiamo visto, non c’è stata rivoluzione o rivolta, filosofia o ideologia o religione capace, sotto ogni latitudine, di invertire la tendenza al disastro, di fermare questa rovinosa, immensa palla di neve sempre più sporca in rotolamento precipitoso verso la catastrofe. Capace di sciogliere quei nodi intricati che abbiamo lasciato formarsi attorno a noi. È proprio questa rovina definitiva, o meglio la sua consapevolezza, la sua certezza se non agiamo in tempo e se non è ormai troppo tardi, a rappresentare oggi il pettine di cui parlavo nel titolo. Ma perché ancora una volta discuterne su queste pagine, che sono dedicate come è noto all’arte di oggi, ai suoi versanti diversi e alle sue contraddizioni? Intanto perché è giusto farlo, soprattutto quando, io e qualche amico di analoghe inquietudini, siamo davvero molto preoccupati, profondamente scossi da ciò che ci accade intorno. Tanto più oggi qui da noi in Italia, con tutto quello che sta accadendo sul piano politico, sociale, economico e, di riflesso, artistico. Poi perché insieme a ciò ancora crediamo che l’arte serve a qualcosa, che la pittura, la scultura, l’immagine, la creatività hanno un ruolo vero e profondo nell’immaginario e nella vita della gente, un ruolo diverso da quello prevalente che si è ormai storicamente determinato. E poi, ancora, perché anche qui, sul terreno dell’arte di oggi, ci sono dei nodi. Molti e contorti, confusi, complessi, specifici e settoriali forse, addirittura elitari, ma ben reali e concreti, fatti di poetiche e di mercato, di linguaggi e speculazioni, di provinciali giochi di potere e di guerre per bande. Nodi che, tra silenzi assordanti e indifferenza attonita del pubblico, sono giunti o stanno arrivando anch’essi al pettine...