dicembre 2024
IL DISEGNO CHE
HO IN TESTA
di Adriano Bimbi
Se
ci
si
domanda
cos'è
il
disegno,
ci
si
trova
come
impotenti
a
circoscriverne
la
portata
ed
il
senso.
Il
disegno,
è
lo
schizzo
che
fa
l'artista
all'inizio
della
sua
opera.
È
il
disegno
dei
bambini.
Il
disegno
a
memoria.
Quello
delle
proporzioni
del
canone,
dello
spazio
della
geometria,
della
realtà
della
prospettiva.
È
il
calcolo
e
la
traiettoria.
I
disegni
delle
stelle,
con
i
ricami
delle
costellazioni.
La
carta
del
cielo
disegnata
dai
pianeti.
Il
ritratto
della
terra,
nelle
carte
geografiche.
Il
disegno
tecnico
e
quello
tecnologico.
Il
disegno
del
corpo,
e
sul
corpo.
II
disegno
del
tempo.
Il
disegno
divino
e
per
contro
tutti
quelli
di
Leonardo.
È
scienza
e
mistero.
Parlo
così
per
fantasia,
per
ciò
che
liberamente
mi
passa
per
la
testa.
Il
disegno
è
un'
espressione
che
comprende
diverse
accezioni
che
si
caratterizzano
per
specifiche
proprietà
e
come
tali
andrebbero
trattate.
Una
cosa
è
il
disegno
ornamentale
,
un'altra
quello
architettonico
e
così
via
.
Come
dice
Leon
Battista
l'Alberti,
"Io
non
parlo,
chome
da
mathematico
ma
chome
pictore".
E
quindi
penso
che
il
disegno
sia,
come
sostiene
Vasari,
il
principio
di
tutte
le
arti
e
fine
esso
stesso.
Una
facoltà
spirituale,
autonoma
nell'ambito
dell'arti
figurative.
Ora,
se
il
disegno
lo
si
può
spiegare
come
principio,
come
mezzo,
e
disquisire
sugli
strumenti,
sui
supporti,
sulle
possibili
combinazioni
di
questi
elementi
in
relazione
alla
scelta
di
cosa
e
come
disegnare,
diciamo
le
varie
tecniche,
allora
assai
più
complesso
è
entrare
nel
merito
dei
procedimenti
per
così
dire
operativi,
perché
da
subito
si
avviano
osservazioni,
ragionamenti,
processi
astrattivi
della
mente,
capaci
di
combinare
il
calcolo
ai
sentimenti,
la
materia
allo
spirito.
Queste
modalità
d'esercizio
sono
così
personali
,
soggettive,
e
si
articolano
in
forme
del
tutto
sconosciute
persino
all'autore
stesso,
dove
anche
la
causalità
ha
la
sua
importanza,
che
resta
pressoché
impossibile
darne
spiegazioni.
La
definizione
sul
disegno,
quella
cinquecentesca
di
Vincenzo
Borghini
,
una
tra
le
più
illuminanti
che
io
conosca,
dice:
"
Non
istimo
che
sia
altro,
che
apparente
dimostrazione
con
linee,
di
quello,
che
prima
nell'animo
l'uomo
si
aveva
concetto,
e
nell'idea
immaginato",
demandando
ai
segni
il
compito
di
rivelarne
il
senso,
e
aggiungendo
di
seguito:
"il
quale
a
voler
co'
debiti
mezzi
far
apparire,
bisogna
che
con
lunga
pratica
sia
avvezza
la
mano
con
la
penna
col
carbone
e
colla
matita,
ad
ubbidire
quanto
comanda
l'intelletto".
Ribadendo
che
il
disegno
si
compie
solo
col
disegno,
è
nel
disegno
stesso,
nell'evidenza
della
sua rappresentazione, la dimostrazione e il suo fine.
Non
ci
sono
parole,
solo
occhi.
Ottone
Rosai
sosteneva
che
per
fare
un'opera
d'arte,
basta
un
foglio
e
un
pezzo
di
carbone.
Che
idea
meravigliosa:
col
mezzo
il
più
povero
,
il
più
elementare,
ardire
al
tutto.
Quanta
straordinaria
fiducia
nell'ingegno umano, nell'economia del pensiero.
Il
disegno
fa
l'inverso
della
natura,
non
con
la
luce
l'ombra,
ma
con
l'ombra
la
luce.
Del
resto
gli
artisti
hanno
fatto
sempre
così.
Hanno
detto
bugie
per
rivelare
la
verità.
Hanno
trasgredito
la
regola
per
affermarla.
Hanno
stabilito
una
misura
all'incommensurabile.
Quest'arte
del
disegno
così
fragile,
eterea
come
il
soffio
della
vita,
mi
par
forte
come
quando
le
parole
pesano.
Mi
capita
di
capire
anche
senza
ascoltare,
solo
vedendo
con
gli
occhi.
Chi
non
ha
avvertito
i
messaggi
degli
sguardi,
la
bellezza
farsi
largo
tra
la
gente,
la
grazia
apparire
in
un
gesto,
il
destino
già
scritto
sul
volto
d'uno
sconosciuto?
Si
dice
con
verità,
ho
visto
la
morte
in
faccia.
Tutto
è
in
ciò
che
si
vuol
vedere.
Ecco
il
disegno:
dare
immagine
ai
contenuti
della
visione,
trasformando
il
segno
in
senso.
Un
lavorio
continuo,
in
balia
degli
accidenti,
sempre
sul
filo
della
ragione,
oltre
,
dentro
il
precipizio,
tra
le
braccia
della
passione
sino
all'esaltazione,
quasi
sempre
giù
alla
merce'
della
delusione,
ma
in
fine,
quando
il
nero
diventa buio e il bianco la luce, il piacere è impagabile .
Si
delinea
così,
tra
vicinanze
e
distanze,
lo
spazio,
quello
vissuto,
quello
del
nostro
tempo.
Oggi
il
disegno,
quello
artistico,
è
anche
altro,
non
c'è
più
né
la
carta
né
la
matita,
basta
un
dito
e
il
suo
gesto.
Chissà
se
il
mezzo
non
ha
superato
il
fine,
come
alcuni
sostengono.
Io
penso
e
ripenso,
poi
mi
metto
di
nuovo
a
disegnare,
e
mimo
colla
mano,
nella
fiducia di poterlo rendere in immagine, il gesto di una carezza…
Questo
testo
non
c’entra
direttamente
con
il
concetto
di
utopia
(o
forse
invece
c’entra
in
pieno!),
ma
mi
è
talmente
piaciuto
che
non
ho
esistato
neppure
un secondo a proporlo qui.
Tra
l’altro
l’autore
me
l’aveva
spedito
già
un
mese
fa.
Finito
chissà
perché
nello spam, l’ho ritrovato solo ora…
G.S.