numero
Novembre 2024
PROVO A RISPONDERE
di Giampaolo Di Cocco
Caro
Giorgio,
hai
posto
delle
domande
fondamentali
e
ineludibili,
a
meno
che
non
ci
si
finga
incapaci
di
intendere
e
di
volere,
e
io
provo
a
risponderti meglio che posso.
Le
mie
utopie,
che
ho
rincorso
per
gran
parte
della
vita,
ora
non
sono
più
del
tutto
tali
dato
che,
se
utopia
vuol
dire
“idea
priva
di
un
luogo”,
io
questo
luogo
l’ho
trovato,
o
meglio
me
lo
sono
fatto,
ci
vivo
e
ci
lavoro.
Si
tratta
del
mio
studio
e
depositi
di
Berlin-
Kunow,
una
vecchia
(1920,
vedi
foto)
fattoria
in
mattoni
rossi,
composta
da
quattro
edifici,
una
corte
e
mezzo
ettaro
di
selvatico
come
diciamo
in
Toscana.
Lo
studio
è
spazioso,
i
depositi
capienti,
la
casa
grande,
comoda
e
anche
bella:
Sono
riuscito
a
radunare
qui
quanto
in
una
vita
laboriosa
e
inquieta
ho
prodotto
ed
ho
accolto.
Non
ci
sono
infatti
solo
i
miei
lavori,
ho
un
settore
dedicato
ai
lavori
degli
amici,
le
numerose
opere che ho ereditato o scambiato.
Fino
all’anno
scorso
ho
tenuto
in
questo
centro
mostre
di
colleghi
un
po’
di
tutto
il
mondo,
da
questo
anno
è
venuto
meno
il
sussidio
di
500
€
della
Provincia
e
l’entusiasmo
a
partecipare
dei
colleghi
è
stato
molto
basso,
così
non
ho
fatto
la
mostra
annuale
che
facevo
da dodici anni.
Il
mio
centro
si
chiama
Abaco
space,
se
guardi
in
internet
lo
trovi
(
abacospace.com
).
Si
tratta
della
realizzazione
di
una
utopia,
una
delle
mie,
un
centro
d’arte
dove
tenere
cenacoli
d’artisti
e
attività
culturali.
Era
l’unica
delle
mie
utopie
?
Naturalmente
no,
un
altro
dei
miei
sogni
impossibili
era
di
formare
una
città
del
’68
dove
giovani
e
meno
giovani
potessero
fare
la
vita
che
volevano,
con
tanti
spazi
comuni
attrezzati
ed
appartamenti giocattolo per la gioia di vivere.
Ecco,
questa
utopia
non
ho
potuto
realizzarla,
mi
sono
limitato
ad
esporla
in
un
concorso
per
la
riqualificazione
delle
aree
della
fabbrica
di
birra
Carlsberg
a
Copenhagen,
concorso
dal
quale
fui
ovviamente
eliminato
a
favore
di
un
progetto
fitto
di
condomini,
con
un
impianto
stradale
reticolare.
Ma
non
mi
credere
triste
o
scontento
perché
non
tutte
le
mie
utopie
si
sono
realizzate.
Che
cosa
è
successo
in
questi
ultimi
due
decenni
riguardo
ai
miei
sogni,
alle
mie
aspettative?
Se
non
sono
riuscito
a
realizzarle
io,
esse
si
sono
realizzate
grazie
al
lavoro
di
altri,
giovani
colleghi,
persone
geniali
o
semplicemente
dotate
di
energia
e
buona
volontà
hanno
creato
poco
a
poco
un
mondo
di
vita
e
di
colori,
di
attività
e
di
interventi
che
hanno
riempito
l’ambiente
in
cui
viviamo
di
leggerezza,
di
piacere,
di
luoghi
straordinari
dove
impegnare
le
nostre
giornate
ed
incontrare
gli
altri.
Sale
espositive
e
piccoli
e
grandi
musei
si
sono
moltiplicati,
le
iniziative
pubbliche
e
private
sono
febbrilmente
aumentate
di
numero,
i
luoghi
per
l’arte
sono
in
continua
espansione.
Come
in
un
sistema
rizomatico
gallerie
e
collezioni,
studi
di
artisti
e
biblioteche
formano
oggi
una
rete
estesa
e
sempre
attiva
di
idee,
avvenimenti
culturali,
spettacoli,
seminari,
mostre.
Se
questa
era
l’utopia
dei
giovani
del
’68,
quella
della
immaginazione
al
potere,
o
perlomeno
diffusa,
credo
di
poter
dire
che
almeno
in
parte
si
è
avverata.
Ovviamente,
non
per
mano
mia
che
nel
frattempo
complici
l’età
e
le
malattie
ho
dovuto
abbandonare
o
trasformare
i
miei
ardori
giovanili,
ma
grazie
all’impegno
di
tanti
giovani
oggi
posso
dire
di
trovarmi
in
un
ambiente
che
in
buona
parte
corrisponde
alla
città
che
immaginavo,
libera, inventiva, varia, aperta.
Qualcuno
dirà
che
do
i
numeri,
ma
io
mi
sono
trasferito
da
Firenze
a
Ferrara
e
da
qui
a
Berlino,
città
dove
ho
trovato
già
attuato
quanto
negli
anni
avevo
tentato
di
suscitare
nelle
città
di
provenienza.
Le
quali
poi
non
sono
così
indietro,
rispetto
alla
palude
in
cui
si
trovavano
negli
anni
’70
si
sono
robustamente
evolute
quanto
ad
attività
e
luoghi
della
cultura.
Certo,
Berlino
è
un’altra
cosa.
La
dimensione
della
città
e,
fino
a
qualche
tempo
fa,
i
suoi
bassi
costi
ne
hanno
fatto
un
magnete
di
attrazione
per
migliaia
di
giovani
da
tutto
il
mondo,
che
di
fatto
la
hanno
resa
curiosa,
aperta,
poliglotta
e
multiculturale,
dove
ognuno
può
trovare
il
proprio
posto
e
la
compagnia
in
cui
esprimersi
e
lavorare.
Anche
se
non
è
più
la
Berlino
degli
anni
’80
e
’90,
ci
sono
tuttavia
circa
quattrocento
tra
gallerie
private
e
musei
che
offrono
un
panorama
vasto
e
cangiante
delle
arti
contemporanee
che
mi
ha
già
riservato
non
poche piacevoli sorprese.
Quanto
al
mio
futuro,
visto
che
almeno
in
parte
le
mie
utopie
si
sono
avverate,
sono
in
effetti
a
pensare
che
cosa
vorrei
fare
di
nuovo
e
di
attuale
e-paradossalmente-
mi
è
venuto
in
mente
di
riprendere
un
lavoro
del
1980,
”Haus
von
Cicero”,
nel
quale
ho
arredato
con
presenze
fantasmatiche
l’appartamento
vuoto
del
gallerista
Claudio
Cicerone
in
via
Cavour,
a
Firenze
(in
latino
Cicero,
che
è
poi
anche
il
nome
della
spia
doppiogiochista
tedesca).
La
mostra
illuminata
solo
con
candele
e
che
durò
di
conseguenza
quanto
una
candela,
aveva
il
suo
punto
centrale
nella
installazione
“La
tavola
sbandita”
in
cui
presenze
invisibili
tirano
via
la
tovaglia
di
una
tavola,
facendo
saltar
via
piatti,
bicchieri e posate.
Te ne invio la foto, se ti fa piacere pubblicala.
La
occasione
di
ristudiare
questa
specifica
installazione
è
data
da
una
mostra
che
dovrei
preparare
per
Firenze,
non
so
ancora
se
e
quando,
ma
so
che
si
tratterà
di
un
suggerimento
di
presenze
fantasmatiche,
che
si
avvertono ma non si vedono.
In
questi
giorni
mi
è
capitato
di
ricevere
un
estratto
della
mostra
che
l’amica
Federica
Gonnelli
sta
per
inaugurare
alla
Campolmina,
galleria
del
Comune
di
Prato.
Nelle
foto
ricevute
ho
creduto
di
ravvisare
lo
spirito
che
vorrei
pervadesse
la
mia,
se
guardate
in
internet
potrete
giudicare.
Insomma
vorrei
fare
una
mostra
sullo
invisibile
e
sulle
ombre.
Se,
come
dice
Orazio
“Pulvis
et
umbra
sumus”,
l’ombra
e
l’invisibile
riuniscono
i
temi
di
vita
e
di
morte
e
ne
permettono
la
restituzione artistica.
ri
Contemporaneo
.org
|
opinioni, polemiche, proposte sull’
arte contemporanea
ri
Contemporaneo
.org
polemiche e proposte
sull’arte contemporanea
Novembre 2024
PROVO A
RISPONDERE
di Giampaolo Di Cocco
Caro
Giorgio,
hai
posto
delle
domande
fondamentali
e
ineludibili,
a
meno
che
non
ci
si
finga
incapaci
di
intendere
e
di
volere,
e io provo a risponderti meglio che posso.
Le
mie
utopie,
che
ho
rincorso
per
gran
parte
della
vita,
ora
non
sono
più
del
tutto
tali
dato
che,
se
utopia
vuol
dire
“idea
priva
di
un
luogo”,
io
questo
luogo
l’ho
trovato,
o
meglio me lo sono fatto, ci vivo e ci lavoro.
Si
tratta
del
mio
studio
e
depositi
di
Berlin-
Kunow,
una
vecchia
(1920,
vedi
foto)
fattoria
in
mattoni
rossi,
composta
da
quattro
edifici,
una
corte
e
mezzo
ettaro
di
selvatico
come
diciamo
in
Toscana.
Lo
studio
è
spazioso,
i
depositi
capienti,
la
casa
grande,
comoda
e
anche
bella:
Sono
riuscito
a
radunare
qui
quanto
in
una
vita
laboriosa
e
inquieta
ho
prodotto
ed
ho
accolto.
Non
ci
sono
infatti
solo
i
miei
lavori,
ho
un
settore
dedicato
ai
lavori
degli
amici,
le
numerose
opere
che
ho
ereditato
o scambiato.
Fino
all’anno
scorso
ho
tenuto
in
questo
centro
mostre
di
colleghi
un
po’
di
tutto
il
mondo,
da
questo
anno
è
venuto
meno
il
sussidio
di
500
€
della
Provincia
e
l’entusiasmo
a
partecipare
dei
colleghi
è
stato
molto
basso,
così
non
ho
fatto
la
mostra annuale che facevo da dodici anni.
Il
mio
centro
si
chiama
Abaco
space,
se
guardi
in
internet
lo
trovi
(
abacospace.com
).
Si
tratta
della
realizzazione
di
una
utopia,
una
delle
mie,
un
centro
d’arte
dove
tenere
cenacoli
d’artisti
e
attività
culturali.
Era
l’unica
delle
mie
utopie
?
Naturalmente
no,
un
altro
dei
miei
sogni
impossibili
era
di
formare
una
città
del
’68
dove
giovani
e
meno
giovani
potessero
fare
la
vita
che
volevano,
con
tanti
spazi
comuni
attrezzati
ed
appartamenti
giocattolo
per
la
gioia
di
vivere.
Ecco,
questa
utopia
non
ho
potuto
realizzarla,
mi
sono
limitato
ad
esporla
in
un
concorso
per
la
riqualificazione
delle
aree
della
fabbrica
di
birra
Carlsberg
a
Copenhagen,
concorso
dal
quale
fui
ovviamente
eliminato
a
favore
di
un
progetto
fitto
di
condomini,
con
un
impianto
stradale
reticolare.
Ma
non
mi
credere
triste
o
scontento
perché
non
tutte
le
mie
utopie
si
sono
realizzate.
Che
cosa
è
successo
in
questi
ultimi
due
decenni
riguardo
ai
miei
sogni,
alle
mie
aspettative?
Se
non
sono
riuscito
a
realizzarle
io,
esse
si
sono
realizzate
grazie
al
lavoro
di
altri,
giovani
colleghi,
persone
geniali
o
semplicemente
dotate
di
energia
e
buona
volontà
hanno
creato
poco
a
poco
un
mondo
di
vita
e
di
colori,
di
attività
e
di
interventi
che
hanno
riempito
l’ambiente
in
cui
viviamo
di
leggerezza,
di
piacere,
di
luoghi
straordinari
dove
impegnare
le
nostre
giornate
ed
incontrare
gli
altri.
Sale
espositive
e
piccoli
e
grandi
musei
si
sono
moltiplicati,
le
iniziative
pubbliche
e
private
sono
febbrilmente
aumentate
di
numero,
i
luoghi
per
l’arte
sono
in
continua
espansione.
Come
in
un
sistema
rizomatico
gallerie
e
collezioni,
studi
di
artisti
e
biblioteche
formano
oggi
una
rete
estesa
e
sempre
attiva
di
idee,
avvenimenti
culturali,
spettacoli,
seminari,
mostre.
Se
questa
era
l’utopia
dei
giovani
del
’68,
quella
della
immaginazione
al
potere,
o
perlomeno
diffusa,
credo
di
poter
dire
che
almeno
in
parte si è avverata.
Ovviamente,
non
per
mano
mia
che
nel
frattempo
complici
l’età
e
le
malattie
ho
dovuto
abbandonare
o
trasformare
i
miei
ardori
giovanili,
ma
grazie
all’impegno
di
tanti
giovani
oggi
posso
dire
di
trovarmi
in
un
ambiente
che
in
buona
parte
corrisponde
alla
città
che
immaginavo,
libera, inventiva, varia, aperta.
Qualcuno
dirà
che
do
i
numeri,
ma
io
mi
sono
trasferito
da
Firenze
a
Ferrara
e
da
qui
a
Berlino,
città
dove
ho
trovato
già
attuato
quanto
negli
anni
avevo
tentato
di
suscitare
nelle
città
di
provenienza.
Le
quali
poi
non
sono
così
indietro,
rispetto
alla
palude
in
cui
si
trovavano
negli
anni
’70
si
sono
robustamente
evolute
quanto
ad
attività
e
luoghi
della
cultura.
Certo,
Berlino
è
un’altra
cosa.
La
dimensione
della
città
e,
fino
a
qualche
tempo
fa,
i
suoi
bassi
costi
ne
hanno
fatto
un
magnete
di
attrazione
per
migliaia
di
giovani
da
tutto
il
mondo,
che
di
fatto
la
hanno
resa
curiosa,
aperta,
poliglotta
e
multiculturale,
dove
ognuno
può
trovare
il
proprio
posto
e
la
compagnia
in cui esprimersi e lavorare.
Anche
se
non
è
più
la
Berlino
degli
anni
’80
e
’90,
ci
sono
tuttavia
circa
quattrocento
tra
gallerie
private
e
musei
che
offrono
un
panorama
vasto
e
cangiante
delle
arti
contemporanee
che
mi
ha
già
riservato
non poche piacevoli sorprese.
Quanto
al
mio
futuro,
visto
che
almeno
in
parte
le
mie
utopie
si
sono
avverate,
sono
in
effetti
a
pensare
che
cosa
vorrei
fare
di
nuovo
e
di
attuale
e-paradossalmente-
mi
è
venuto
in
mente
di
riprendere
un
lavoro
del
1980,
”Haus
von
Cicero”,
nel
quale
ho
arredato
con
presenze
fantasmatiche
l’appartamento
vuoto
del
gallerista
Claudio
Cicerone
in
via
Cavour,
a
Firenze
(in
latino
Cicero,
che
è
poi
anche
il
nome
della
spia
doppiogiochista
tedesca).
La
mostra
illuminata
solo
con
candele
e
che
durò
di
conseguenza
quanto
una
candela,
aveva
il
suo
punto
centrale
nella
installazione
“La
tavola
sbandita”
in
cui
presenze
invisibili
tirano
via
la
tovaglia
di
una
tavola,
facendo
saltar via piatti, bicchieri e posate.
Te
ne
invio
la
foto,
se
ti
fa
piacere
pubblicala.
La
occasione
di
ristudiare
questa
specifica
installazione
è
data
da
una
mostra
che
dovrei
preparare
per
Firenze,
non
so
ancora
se
e
quando,
ma
so
che
si
tratterà
di
un
suggerimento
di
presenze
fantasmatiche,
che
si
avvertono
ma
non
si
vedono.
In
questi
giorni
mi
è
capitato
di
ricevere
un
estratto
della
mostra
che
l’amica
Federica
Gonnelli
sta
per
inaugurare
alla
Campolmina,
galleria
del
Comune
di
Prato.
Nelle
foto
ricevute
ho
creduto
di
ravvisare
lo
spirito
che
vorrei
pervadesse
la
mia,
se
guardate
in
internet
potrete
giudicare.
Insomma
vorrei
fare
una
mostra
sullo
invisibile
e
sulle
ombre.
Se,
come
dice
Orazio
“Pulvis
et
umbra
sumus”,
l’ombra
e
l’invisibile
riuniscono
i
temi
di
vita
e
di
morte
e
ne
permettono
la
restituzione
artistica.
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