numero

| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 |

Novembre 2024

PROVO A RISPONDERE

di Giampaolo Di Cocco Caro Giorgio, hai posto delle domande fondamentali e ineludibili, a meno che non ci si finga incapaci di intendere e di volere, e io provo a risponderti meglio che posso. Le mie utopie, che ho rincorso per gran parte della vita, ora non sono più del tutto tali dato che, se utopia vuol dire “idea priva di un luogo”, io questo luogo l’ho trovato, o meglio me lo sono fatto, ci vivo e ci lavoro. Si tratta del mio studio e depositi di Berlin- Kunow, una vecchia (1920, vedi foto) fattoria in mattoni rossi, composta da quattro edifici, una corte e mezzo ettaro di selvatico come diciamo in Toscana. Lo studio è spazioso, i depositi capienti, la casa grande, comoda e anche bella: Sono riuscito a radunare qui quanto in una vita laboriosa e inquieta ho prodotto ed ho accolto. Non ci sono infatti solo i miei lavori, ho un settore dedicato ai lavori degli amici, le numerose opere che ho ereditato o scambiato. Fino all’anno scorso ho tenuto in questo centro mostre di colleghi un po’ di tutto il mondo, da questo anno è venuto meno il sussidio di 500 della Provincia e l’entusiasmo a partecipare dei colleghi è stato molto basso, così non ho fatto la mostra annuale che facevo da dodici anni. Il mio centro si chiama Abaco space, se guardi in internet lo trovi ( abacospace.com ). Si tratta della realizzazione di una utopia, una delle mie, un centro d’arte dove tenere cenacoli d’artisti e attività culturali. Era l’unica delle mie utopie ? Naturalmente no, un altro dei miei sogni impossibili era di formare una città del ’68 dove giovani e meno giovani potessero fare la vita che volevano, con tanti spazi comuni attrezzati ed appartamenti giocattolo per la gioia di vivere. Ecco, questa utopia non ho potuto realizzarla, mi sono limitato ad esporla in un concorso per la riqualificazione delle aree della fabbrica di birra Carlsberg a Copenhagen, concorso dal quale fui ovviamente eliminato a favore di un progetto fitto di condomini, con un impianto stradale reticolare. Ma non mi credere triste o scontento perché non tutte le mie utopie si sono realizzate. Che cosa è successo in questi ultimi due decenni riguardo ai miei sogni, alle mie aspettative? Se non sono riuscito a realizzarle io, esse si sono realizzate grazie al lavoro di altri, giovani colleghi, persone geniali o semplicemente dotate di energia e buona volontà hanno creato poco a poco un mondo di vita e di colori, di attività e di interventi che hanno riempito l’ambiente in cui viviamo di leggerezza, di piacere, di luoghi straordinari dove impegnare le nostre giornate ed incontrare gli altri. Sale espositive e piccoli e grandi musei si sono moltiplicati, le iniziative pubbliche e private sono febbrilmente aumentate di numero, i luoghi per l’arte sono in continua espansione. Come in un sistema rizomatico gallerie e collezioni, studi di artisti e biblioteche formano oggi una rete estesa e sempre attiva di idee, avvenimenti culturali, spettacoli, seminari, mostre. Se questa era l’utopia dei giovani del ’68, quella della immaginazione al potere, o perlomeno diffusa, credo di poter dire che almeno in parte si è avverata. Ovviamente, non per mano mia che nel frattempo complici l’età e le malattie ho dovuto abbandonare o trasformare i miei ardori giovanili, ma grazie all’impegno di tanti giovani oggi posso dire di trovarmi in un ambiente che in buona parte corrisponde alla città che immaginavo, libera, inventiva, varia, aperta. Qualcuno dirà che do i numeri, ma io mi sono trasferito da Firenze a Ferrara e da qui a Berlino, città dove ho trovato già attuato quanto negli anni avevo tentato di suscitare nelle città di provenienza. Le quali poi non sono così indietro, rispetto alla palude in cui si trovavano negli anni ’70 si sono robustamente evolute quanto ad attività e luoghi della cultura. Certo, Berlino è un’altra cosa. La dimensione della città e, fino a qualche tempo fa, i suoi bassi costi ne hanno fatto un magnete di attrazione per migliaia di giovani da tutto il mondo, che di fatto la hanno resa curiosa, aperta, poliglotta e multiculturale, dove ognuno può trovare il proprio posto e la compagnia in cui esprimersi e lavorare. Anche se non è più la Berlino degli anni ’80 e ’90, ci sono tuttavia circa quattrocento tra gallerie private e musei che offrono un panorama vasto e cangiante delle arti contemporanee che mi ha già riservato non poche piacevoli sorprese. Quanto al mio futuro, visto che almeno in parte le mie utopie si sono avverate, sono in effetti a pensare che cosa vorrei fare di nuovo e di attuale e-paradossalmente- mi è venuto in mente di riprendere un lavoro del 1980, ”Haus von Cicero”, nel quale ho arredato con presenze fantasmatiche l’appartamento vuoto del gallerista Claudio Cicerone in via Cavour, a Firenze (in latino Cicero, che è poi anche il nome della spia doppiogiochista tedesca). La mostra illuminata solo con candele e che durò di conseguenza quanto una candela, aveva il suo punto centrale nella installazione “La tavola sbandita” in cui presenze invisibili tirano via la tovaglia di una tavola, facendo saltar via piatti, bicchieri e posate. Te ne invio la foto, se ti fa piacere pubblicala. La occasione di ristudiare questa specifica installazione è data da una mostra che dovrei preparare per Firenze, non so ancora se e quando, ma so che si tratterà di un suggerimento di presenze fantasmatiche, che si avvertono ma non si vedono. In questi giorni mi è capitato di ricevere un estratto della mostra che l’amica Federica Gonnelli sta per inaugurare alla Campolmina, galleria del Comune di Prato. Nelle foto ricevute ho creduto di ravvisare lo spirito che vorrei pervadesse la mia, se guardate in internet potrete giudicare. Insomma vorrei fare una mostra sullo invisibile e sulle ombre. Se, come dice Orazio “Pulvis et umbra sumus”, l’ombra e l’invisibile riuniscono i temi di vita e di morte e ne permettono la restituzione artistica.

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

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Giampaolo Di Cocco  Nato a Firenze nel 1947, è artista, architetto e scrittore. Nei suoi lavori esplora l'interazione tra arte e architettura. Ha realizzato installazioni permanenti in varie città europee, tra cui Marsiglia, Gibellina, Duisburg, Colonia, Skagen (DK), Follonica, Berlino, Seggiano, Firenze.  Vive a Berlino.

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

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Novembre 2024

PROVO A

RISPONDERE

di Giampaolo Di Cocco Caro Giorgio, hai posto delle domande fondamentali e ineludibili, a meno che non ci si finga incapaci di intendere e di volere, e io provo a risponderti meglio che posso. Le mie utopie, che ho rincorso per gran parte della vita, ora non sono più del tutto tali dato che, se utopia vuol dire “idea priva di un luogo”, io questo luogo l’ho trovato, o meglio me lo sono fatto, ci vivo e ci lavoro. Si tratta del mio studio e depositi di Berlin- Kunow, una vecchia (1920, vedi foto) fattoria in mattoni rossi, composta da quattro edifici, una corte e mezzo ettaro di selvatico come diciamo in Toscana. Lo studio è spazioso, i depositi capienti, la casa grande, comoda e anche bella: Sono riuscito a radunare qui quanto in una vita laboriosa e inquieta ho prodotto ed ho accolto. Non ci sono infatti solo i miei lavori, ho un settore dedicato ai lavori degli amici, le numerose opere che ho ereditato o scambiato. Fino all’anno scorso ho tenuto in questo centro mostre di colleghi un po’ di tutto il mondo, da questo anno è venuto meno il sussidio di 500 della Provincia e l’entusiasmo a partecipare dei colleghi è stato molto basso, così non ho fatto la mostra annuale che facevo da dodici anni. Il mio centro si chiama Abaco space, se guardi in internet lo trovi ( abacospace.com ). Si tratta della realizzazione di una utopia, una delle mie, un centro d’arte dove tenere cenacoli d’artisti e attività culturali. Era l’unica delle mie utopie ? Naturalmente no, un altro dei miei sogni impossibili era di formare una città del ’68 dove giovani e meno giovani potessero fare la vita che volevano, con tanti spazi comuni attrezzati ed appartamenti giocattolo per la gioia di vivere. Ecco, questa utopia non ho potuto realizzarla, mi sono limitato ad esporla in un concorso per la riqualificazione delle aree della fabbrica di birra Carlsberg a Copenhagen, concorso dal quale fui ovviamente eliminato a favore di un progetto fitto di condomini, con un impianto stradale reticolare. Ma non mi credere triste o scontento perché non tutte le mie utopie si sono realizzate. Che cosa è successo in questi ultimi due decenni riguardo ai miei sogni, alle mie aspettative? Se non sono riuscito a realizzarle io, esse si sono realizzate grazie al lavoro di altri, giovani colleghi, persone geniali o semplicemente dotate di energia e buona volontà hanno creato poco a poco un mondo di vita e di colori, di attività e di interventi che hanno riempito l’ambiente in cui viviamo di leggerezza, di piacere, di luoghi straordinari dove impegnare le nostre giornate ed incontrare gli altri. Sale espositive e piccoli e grandi musei si sono moltiplicati, le iniziative pubbliche e private sono febbrilmente aumentate di numero, i luoghi per l’arte sono in continua espansione. Come in un sistema rizomatico gallerie e collezioni, studi di artisti e biblioteche formano oggi una rete estesa e sempre attiva di idee, avvenimenti culturali, spettacoli, seminari, mostre. Se questa era l’utopia dei giovani del ’68, quella della immaginazione al potere, o perlomeno diffusa, credo di poter dire che almeno in parte si è avverata. Ovviamente, non per mano mia che nel frattempo complici l’età e le malattie ho dovuto abbandonare o trasformare i miei ardori giovanili, ma grazie all’impegno di tanti giovani oggi posso dire di trovarmi in un ambiente che in buona parte corrisponde alla città che immaginavo, libera, inventiva, varia, aperta. Qualcuno dirà che do i numeri, ma io mi sono trasferito da Firenze a Ferrara e da qui a Berlino, città dove ho trovato già attuato quanto negli anni avevo tentato di suscitare nelle città di provenienza. Le quali poi non sono così indietro, rispetto alla palude in cui si trovavano negli anni ’70 si sono robustamente evolute quanto ad attività e luoghi della cultura. Certo, Berlino è un’altra cosa. La dimensione della città e, fino a qualche tempo fa, i suoi bassi costi ne hanno fatto un magnete di attrazione per migliaia di giovani da tutto il mondo, che di fatto la hanno resa curiosa, aperta, poliglotta e multiculturale, dove ognuno può trovare il proprio posto e la compagnia in cui esprimersi e lavorare. Anche se non è più la Berlino degli anni ’80 e ’90, ci sono tuttavia circa quattrocento tra gallerie private e musei che offrono un panorama vasto e cangiante delle arti contemporanee che mi ha già riservato non poche piacevoli sorprese. Quanto al mio futuro, visto che almeno in parte le mie utopie si sono avverate, sono in effetti a pensare che cosa vorrei fare di nuovo e di attuale e-paradossalmente- mi è venuto in mente di riprendere un lavoro del 1980, ”Haus von Cicero”, nel quale ho arredato con presenze fantasmatiche l’appartamento vuoto del gallerista Claudio Cicerone in via Cavour, a Firenze (in latino Cicero, che è poi anche il nome della spia doppiogiochista tedesca). La mostra illuminata solo con candele e che durò di conseguenza quanto una candela, aveva il suo punto centrale nella installazione “La tavola sbandita” in cui presenze invisibili tirano via la tovaglia di una tavola, facendo saltar via piatti, bicchieri e posate. Te ne invio la foto, se ti fa piacere pubblicala. La occasione di ristudiare questa specifica installazione è data da una mostra che dovrei preparare per Firenze, non so ancora se e quando, ma so che si tratterà di un suggerimento di presenze fantasmatiche, che si avvertono ma non si vedono. In questi giorni mi è capitato di ricevere un estratto della mostra che l’amica Federica Gonnelli sta per inaugurare alla Campolmina, galleria del Comune di Prato. Nelle foto ricevute ho creduto di ravvisare lo spirito che vorrei pervadesse la mia, se guardate in internet potrete giudicare. Insomma vorrei fare una mostra sullo invisibile e sulle ombre. Se, come dice Orazio “Pulvis et umbra sumus”, l’ombra e l’invisibile riuniscono i temi di vita e di morte e ne permettono la restituzione artistica.
Gianpaolo Di Cocco  Nato a Firenze nel 1947, è artista, architetto e scrittore. Nei suoi lavori esplora l'interazione tra arte e architettura. Ha realizzato installazioni permanenti in varie città europee, tra cui Marsiglia, Gibellina, Duisburg, Colonia, Skagen (DK), Follonica, Berlino, Seggiano, Firenze.  Vive a Berlino.