Novembre 2024
VIBRAZIONI
DALLA TERRA AL CIELO
di Lucrezia Rubini
E’
una
mostra
che
si
fa
portatrice
della
storia,
delle
vicissitudini,
delle
distruzioni,
che
hanno
imperversato
nel
tempo
sull’edificio,
sia
umane
–
i
bombardamenti
dell’ultima
guerra-,
sia
naturali
–
un
temporale
nel
1969
e
un
incendio
nel
1976.
Il
recupero
qui
attuato
dopo
un
cinquantennio,
specificamente
all’insegna
dell’arte,
strumento
eminentemente
salvifico
per
l’uomo
odierno,
ritengo
possa
apportare
un
contributo
diverso,
ti
tipo
simbolico,
di
rilettura,
riscoperta,
riconoscimento,
riesumazione
delle
stratificazioni
di
un
vissuto,
di
cui
le
pietre
rimaste
sono
testimonianza.
Il
luogo
è
estremamente
evocativo,
carico
di
vibrazioni,
e
quei
ruderi,
quelle
rimanenze,
diventano
reliquie
e
come
tali
si
riattivano,
grazie
ai
“catalizzatori
opere
d’arte”,
che
in
tale
luogo,
rivivendo,
rivelano
dimensioni
stratificate
nel
tempo.
Lo
sfondamento
della
volta
apre
realisticamente
al
Cielo,
non
più
con
l’illusorio
trompe
l’oeil
dei
cieli
seicenteschi
abitati
da
angeli
e
santi,
ma
con
una
minacciosa
aria
plumbea
da
inquinamento,
con
ciò
stesso
mettendo
l’uomo
di
fronte
alle
sue
responsabilità.
A
terra
il
pavimento
divelto
ha
lasciato
emergere
le
erbe,
testimonianza
della
forza
rinnovatrice
e
riemergente
della
Natura,
di
contro
alla
furia
distruttiva,
da
parte
dell’uomo,
della
sua
stessa
actio.
Dunque
tra
Terra
e
Cielo,
l’uomo,
sospeso,
fragile,
privo
ormai
di
punti
di
riferimento,
attraverso
l’arte
può
ritrovare
strumenti
di
rammemorazione,
di
riflessione,
di
riconoscimento
del
sé,
per
un
nuovo
percorso
di
riorientamento.
L’opera
d’arte
si
fa
luogo,
essa
stessa,
d’incontro
ideale,
trait
d’union
tra
l’individuale
e
l’universale.
L’uomo,
in
quanto
riconosce
il
sé
nel
Tutto
attraverso
l’opera
d’arte,
attiva
tale
presa
di
coscienza,
di
tipo
non
razionale,
ma
intuitivo
ed
emotivo.
Le
pareti
perimetrali
creano
un
dotto
privilegiato
di
collegamento
Terra/Cielo,
in
cui
l’uomo
diventa
fulcro
centripeto
prima,
e
centrifugo
poi,
di
vibrazioni,
di
forze
rimosse
dell’inconscio
collettivo.
Ed
ecco
allora
che
l’opera
d’arte
si
fa
luogo
della
memoria,
di
un
vissuto
ritrovato,
per
quanto
modificato,
ristrutturato,
frammentato
e
precario,
perché
quel
ritrovato,
parzialmente
ricostruito,
è
destinato
a
perdersi
nuovamente,
lasciando
tuttavia
un
segno,
una
traccia,
un
punto
di
leva
per
un
“incontro”
successivo.
Le
opere
d’arte
realizzate
dagli
artisti
con
espressioni
tecnico-artistiche
di
tipo
plastico,
figurativo,
o
con
installazioni
site
specific
hanno
saputo
cogliere
il
tilt,
la
discresia
del
triangolo
Uomo/Terra/Cielo,
triade
non
più
in
armonia.
L’uomo
antropometrico
ha
perso
il
senso
della
misura,
diventando
pericolosamente
antropofago
e
antropocratico.
L’arte
potrà
prospettare
percorsi
inediti
di
ri-armonizzazione
e
riconciliazione
dei
binomi
uomo-Natura,
uomo-Ambiente
costruito,
uomo-Terra,
uomo-Cielo,
uomo-uomo.
Le
opere
d’arte
diventeranno,
allora,
“porte
regali”
capaci
di
aprire
varchi
spazio-temporali
tra
Cielo
e
Terra,
per
la
ricostruzione,
attraverso
l’attivazione
di
circuiti
virtuosi
infiniti,
di
un
nuovo
Cosmo
e
di
una
nuova
Cosmogonia,
sospesi
in
uno
spazio
ineffabile,
tra
la
matericità
della
Terra
umanamente
delimitata
e
la
spiritualità
infinita
del
Cielo;
sospesi,
ancora,
tra
passato
e
futuro,
nel
tempo
senza
tempo
della
contemplazione,
per
arrivare
ad
una
nuova
antropometria,
in
armonia
con
gli
elementi
della
Natura,
dell’Umanità, del sé, finalmente ritrovati
“Vibrazioni
dalla
Terra
al
Cielo”
è
il
titolo
della
mostra
curata
da
Lucrezia
Rubini
da
luglio
ad
agosto
2024
presso
la
Chiesa
sconsacrata
della
Coroncina
a
Velletri
(Rm),
con
l’organizzazione
dell’Ass.
La
Pallade
Veliterna
e
la
Fondazione
e
Museo
Luigi
Magni
e
Lucia
Mirisola.
La
maggioranza
degli
artisti
coinvolti
fanno
parte
della
Collezione
RACC
(Rubini
Art
Contemporary
Collection):
Paola
Abbondi,
Letizia
Ardillo,
Romolo
Basili,
Ercole
Bolognesi,
Ada
Bomba,
Duccio
Bombardini,
Vitaldo
Conte
e
Laura
Baldieri,
Patrizio
Marafini,
Fabio
Papi,
M.H.Sonja
Peter,
Letizia
Rigucci,
Elena
Sevi,
Lucia
Spagnuolo,
Sandro
Spallotta, Martina Troiano.
Il
dialogo
inedito,
creatosi
tra
le
installazioni
d’arte
e
il
luogo
evocativo,
ha
costituito
motivo
di
interessanti
riflessioni.
Questa
mostra
riunisce
artisti
i
cui
linguaggi
spesso
appaiono
assai
lontani
delle
scelte
di
questo blogMagazine.
Ciò
non
toglie
nulla,
però,
alla
portata
delle
loro
«utopie».
G.S.