dicembre 2024
QUALCHE UTOPIA
di Alessandra Bisi
Anch'io
ho
dedicato
la
mia
vita
fino
ad
oggi
all'arte.
Immergermi
nel
linguaggio
pittorico
attraverso
la
mia
tradizionale
e
profonda
formazione,
mi
ha
consentito
di
crescere
e
fare
scelte
che
dalla
tradizione
si
sono
allontanate
molto.
Ho
scelto
di
non
impegnarmi
nell'insegnamento
perché
all'epoca
in
cui
avrei
potuto
farlo,
ho
deciso
di
seguire
il
bisogno
di
disporre
di
tutto
il
mio
tempo
e
delle
energie
per
conoscere
il
mondo,
si,
ma
anche
per
conoscere
una
dimensione
concreta
e
terrena
molto
emotiva,
talvolta
disperata
oppure
euforica
ed entusiasta.
Ho
conosciuto
dagli
anni
'80
in
poi
le
dinamiche
sia
milanesi,
italiane,
internazionali.
Le
stesse
che
mi
hanno
permesso
con
rapporto
enorme
di
fatica
rispetto
ai
risultati
economici,
di
vendere
qualche
dipinto.
Per
prima
cosa
quindi
direi
che
la
mia
utopia
sarebbe
una
completa
abolizione
e
interdizione
per
tutti
coloro
che
si
sono
lanciati
nell'arte
come
figure
più
svariate
rivolte
alla
"organizzazione".
Persone
che
hanno
reso
invisibile
l'arte
contemporanea
occupando
gli
spazi
con
esposizioni
obsolete
e
di
dilettanti
paganti.
Una
bolla
che
regge
in
questo
periodo
troppo
lungo
in
cui
le
persone
sono
attente
alla
superficie,
alla
boria
personale
e
al
contenitore
rispetto
al
contenuto.
Abbiamo
decine
e
decine
di
mail
al
giorno
in
cui
ci
invitano
a
pagare
la
loro
inadeguatezza
e
spocchiosa
arroganza.
I
servizi
vengono
ritenuti
appositamente
pensati
perché
gli
artisti
"investano
su
sé
stessi"...
cioè
paghino
l'esistenza
di
questi
"signori".
La
mia
utopia
è
che
sia
cancellata
questa
fandonia
e
che
si
comprenda
che
nell'arte
occorrono
competenti
in
grado
di
cogliere
ciò
che
abbia
senso
e
potenziale
al
fine
di
scegliere
artisti
e
investire
su
di
essi
a
fondo perduto. Completamente perduto come sarebbe giusto osare.
Ho
un'altra
utopia
personale
e
che
riguarda
il
mio
lavoro
negli
ultimi
dieci
anni.
Vorrei
che
gli
artisti
riacquistino
la
libertà
totale
e
senza
pregiudizio,
di
usare
ogni
linguaggio
possibile
e
disponibile
di
cui
dispongano.
La
tecnologia
ha
solo
aggiunto
potenziali
e
linguaggi
diversi
a
quelli
esistenti.
Ho
lavorato
su
queste
eventualità
e
ritengo
che
ogni
scelta
espressiva
sia
nobile.
Mi
sorprende
che
molti
di
noi
non
siano
stati
sufficientemente
curiosi
per
conoscere
queste
diverse
variazioni di processo e quindi di altrettanto valevole creazione.
Per
finire,
ultima
utopia
a
cui
penso
è
che
l'arte
contemporanea,
dopo
lo
svuotamento
anche
concettualmente
per
certi
versi
interessante
delle
avanguardie,
incominci
a
riempirsi
di
contenuti
che
la
criticità
mondiale
ci
chiama
come
artisti
ad
attenzionare.
Contenuti
che
si
scostino
dalla
ossessione
delle
texture
senza
composizione,
dal
perseguire
effetti
banali
senza
un
secondo
strato
(almeno
uno)
di
significazione.
L'arte
contemporanea
deve
essere
in
corso
d'
opera.
Deve produrre tentativi o risultati inediti.