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| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 |
Novembre 2024

LE UTOPIE DI UN

OVERSETTANTA

di Carlo Catiri Oggi tutto è datato e ogni cosa che produciamo e consumiamo ha tempi di scadenza definiti e sempre più spesso fissati da una normativa. Anche la nostra vita, almeno nel mondo cosiddetto civilizzato, viene valutata in dipendenza della data nascita. Le assicurazioni poi stabiliscono le tabelle di valore delle polizze sempre legate alla sopravvivenza; le cure ospedaliere tengono conto dell’età anagrafica e anche altre convenzioni e trattamenti della persona dipendono strettamente dalla nostra speranza di vita, programmata da algoritmi e tabelle virtuali. Anche la terminologia linguistica specifica il nostro stadio della vita, etichettandoci con parole del tipo terza età, anziano, vecchio, persona terminale e quant’altro che per pudore e riservatezza non voglio neppure nominare. Con la morte poi della famiglia allargata di contadina memoria l’individuo vive sempre più solo e impossibilitato a mantenere quei rapporti sociali così importanti per il suo benessere psicologico e mentale. E’ triste constatare che la maturità del pensiero e l’esperienza del vissuto sono sempre meno considerate come un valore ma solo come un fardello, un impedimento e un costo sociale. Questo pensare alla vita non più attraverso le stagioni e gli eventi naturali ma solo in dipendenza dell’incalzare dell’innovazione tecnologica è paurosamente disumano e ormai affidato alla cosiddetta intelligenza artificiale che non conosce lo spessore del tempo ma solo la sua velocità. Sorge allora spontanea la domanda: cosa può mai voler progettare un oversettanta? A tal proposito mi viene in mente ( scusate l’ovvietà ) il Buonarroti che ormai ottantanovenne sfidava il tempo e lo spazio alla ricerca del quel senso del dolore che prova una madre che piange il proprio giovane figlio ucciso di morte violenta. Partendo da questa considerazione possiamo dire che tutto allora dipende dalla nostra volontà di esistere, di lasciare un segno che dia un senso al nostro agire quotidiano. Proviamo allora nel tentativo di guardare avanti, ad invertire il percorso del tempo alla ricerca di motivazioni mai pensate, inseguendo obiettivi nuovi che possano riempire in modo denso la nostra pur breve ma non misurabile esistenza rimasta. In questo atteggiamento forse un po' utopico e velleitario, può emergere qualcosa di nuovo in noi, un calarsi nella vita reale che ci permette di guardare alla storia in modo sintetico, profondo e trasversale. Una lettura del contemporaneo libero da convenzioni, in grado di svelare e mettere a nudo quegli interessi economici e di potere che costantemente si nascondono dietro un pesante sipario.

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

8 Carlo Catiri  Insegnante, pittore e critico d’arte, nasce nel 1953 a Milano, dove vive e lavora. Attento e sensibile conoscitore dell’arte, affianca a queste attività culturali la sua ricerca pittorica

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

8 Carlo Catiri  Insegnante, pittore e critico d’arte, nasce nel 1953 a Milano, dove vive e lavora. Attento e sensibile conoscitore dell’arte, affianca a queste attività culturali la sua ricerca pittorica

Novembre 2024

LE UTOPIE DI UN

OVERSETTANTA

di Carlo Catiri Oggi tutto è datato e ogni cosa che produciamo e consumiamo ha tempi di scadenza definiti e sempre più spesso fissati da una normativa. Anche la nostra vita, almeno nel mondo cosiddetto civilizzato, viene valutata in dipendenza della data nascita. Le assicurazioni poi stabiliscono le tabelle di valore delle polizze sempre legate alla sopravvivenza; le cure ospedaliere tengono conto dell’età anagrafica e anche altre convenzioni e trattamenti della persona dipendono strettamente dalla nostra speranza di vita, programmata da algoritmi e tabelle virtuali. Anche la terminologia linguistica specifica il nostro stadio della vita, etichettandoci con parole del tipo terza età, anziano, vecchio, persona terminale e quant’altro che per pudore e riservatezza non voglio neppure nominare. Con la morte poi della famiglia allargata di contadina memoria l’individuo vive sempre più solo e impossibilitato a mantenere quei rapporti sociali così importanti per il suo benessere psicologico e mentale. E’ triste constatare che la maturità del pensiero e l’esperienza del vissuto sono sempre meno considerate come un valore ma solo come un fardello, un impedimento e un costo sociale. Questo pensare alla vita non più attraverso le stagioni e gli eventi naturali ma solo in dipendenza dell’incalzare dell’innovazione tecnologica è paurosamente disumano e ormai affidato alla cosiddetta intelligenza artificiale che non conosce lo spessore del tempo ma solo la sua velocità. Sorge allora spontanea la domanda: cosa può mai voler progettare un oversettanta? A tal proposito mi viene in mente ( scusate l’ovvietà) il Buonarroti che ormai ottantanovenne sfidava il tempo e lo spazio alla ricerca del quel senso del dolore che prova una madre che piange il proprio giovane figlio ucciso di morte violenta. Partendo da questa considerazione possiamo dire che tutto allora dipende dalla nostra volontà di esistere, di lasciare un segno che dia un senso al nostro agire quotidiano. Proviamo allora nel tentativo di guardare avanti, ad invertire il percorso del tempo alla ricerca di motivazioni mai pensate, inseguendo obiettivi nuovi che possano riempire in modo denso la nostra pur breve ma non misurabile esistenza rimasta. In questo atteggiamento forse un po' utopico e velleitario, può emergere qualcosa di nuovo in noi, un calarsi nella vita reale che ci permette di guardare alla storia in modo sintetico, profondo e trasversale. Una lettura del contemporaneo libero da convenzioni, in grado di svelare e mettere a nudo quegli interessi economici e di potere che costantemente si nascondono dietro un pesante sipario.