codice ISSN 2239-0235
questo numero è online dal 1/5/2014 ultimo aggiornamento il 6/09/2014
(in ordine di arrivo)
Il sommario
QUALITÀ, STILE E
PERDITA
L’incontro che dovremmo avere con l’arte credo debba
essere del tutto “originale”. L’opera d’arte deve dunque
possedere quell’incanto, quella misteriosa presenza e
lontananza che la caratterizza, legata a suo modo a
quella origine ancestrale della espressività umana
legata al senso magico, rituale e sacrale dell’esistenza;
deve perciò essere abitata da quell’aura che ne
custodisce il senso, quell’eidos, che apre ad un
universo di significati, a quella unicità e a quella
autenticità che la contraddistingue. Diversamente ci
troveremmo di fronte ad un fare arte “alla maniera di…”.
La maniera di fatto ripete schemi concettuali già
acquisiti e non innova. Scompare per sempre ogni
tensione verso ciò che chiamiamo autentico, unico ed
originale. Ogni poetica artistica si dà i suoi ordini, le sue
regole, le sue tecniche. Crea di fatto un nuovo stile ( la
parola stile deriva dal quel chiodo, lo stilo, col quale i
Sumeri incidevano l’argilla).
Stile è ciò che incide e lascia una traccia, dà inizio a un
movimento nuovo cui attingeranno coloro che faranno
arte “alla maniera di…” quello stile. Ovviamente si
richiede che colui che opera conosca la “grammatica”
del proprio operare, e utilizzi le tecniche più congeniali
al proprio fare.
Lo stile, dunque , si accompagna ed è connesso alla
qualità, benché i due termini comportino ambiguità.
Declinarne gli aspetti sul piano artistico è necessario.
D’altra parte non possiamo pensare che questi due
termini stiano l’uno accanto all’altro in modo rigidamente
e rigorosamente delimitabile nei loro intrecci, non
essendo così alternativi come a prima indagine possono
apparire. Essi stanno tendenzialmente in modo che il
secondo termine assorba il primo, quindi
tendenzialmente questi due termini fanno si che il primo
si inscriva progressivamente nel secondo e trovi quindi
la sua verità. L’artista li abita come apertura al fare. E
tale pratica si traduce in una esperienza di tipo tecnico-
espressivo.
Tuttavia, nell’epoca della sua riproducibilità tecnica,
Walter Benjamin annota il venir meno dell’aura e della
sacralità dell’opera d’arte, e quindi la perdita del suo
topos naturale. Essa si disperde, nella sua
molteplicità, in infiniti luoghi. Perde la sua capacità di
dar corpo a fantasmi, rendendoli simulacri e feticci
dell’originale.
Dice Carlo Sini che proprio l’idea della copia,
tecnicamente costruita, è all’origine della
smagicizzazione del mondo. Ed è proprio allora che
anche l’originale scompare per sempre. Prossimità e
lontananza svaniscono e lasciano il posto alla semplice
e inerte presenza dei prodotti di un supermercato.
Dunque l’arte diviene merce per il consumo di massa, e
nell’efficienza della nostra epoca si perde la verità del
mondo.
Quanto di ciò sia addebitabile al mercato è presto detto.
Il potere economico e quello politico decidono quale
arte può essere più funzionale al proprio potere,
omologando le diversità che vengono ridotte a
uniformità. Nell’attuale civiltà di mercato è difficile
reagire a questo sistema. È tuttavia compito di ogni
intellettuale e di ogni artista operare perché la genesi di
un nuovo modello di società diventi possibile.
Holderlin, nel “Poeticamente abita l’uomo” citato da
Jean Clair in “L’inverno della cultura”, ci dice che
l’uomo abita la terra come poeta, e dunque la sua arte
è mortale.
blogMagazine online periodicamente pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso da gennaio 2012
Pittore nato a Milano nel
1936, si laurea prima in
Filosofia poi in
Paletnologia presso
l’Università degli Studi di
Milano. Negli anni 70 e 80
ha cogestito la Galleria di
Porta Ticinese a Milano
Mario
Borgese
riContemporaneo.org
opinioni, riflessioni, polemiche e proposte sull’arte contemporanea
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