Aprile 2022
GUERRA O PACE
di Giorgio Seveso
Nell’evocare
il
titolo
dell’immenso
capolavoro
del
grande
Tolstoj,
questo
diciottesimo
riContemporaneo.org
è
dedicato
al
dramma
bellico
che
è
venuto
a
insanguinare
il
presente
proprio
nel
cuore
dell’Europa,
quasi
nel centro geografico del continente.
Ma
perché
una
riflessione
sulle
circostanze
dell’arte
contemporanea,
per
come
si
svolge
ormai
da
diversi
anni
su
queste
pagine
online,
pone
oggi
un
tema
che
apparentemente
non
c’entra?
Una
domanda
cui
si
risponde
con
un’altra
domanda.
E
come
potrebbe
essere
altrimenti?
La
pandemia
e
la
guerra
hanno
rivoltato
da
cima
a
fondo
il
cielo
e
la
terra;
il
senso
stesso
del
futuro
è
sconvolto
nel
profondo,
ogni
immaginabile
orizzonte è rovinosamente imploso…
Proprio
l’arte
cui
ci
rivolgiamo
qui
(la
pittura,
la
scultura,
l’immagine
e
l’immaginario)
non
può
che
essere
intrinsecamente
investita
da
questa
attualità,
dall’immanenza
di
questi
argomenti.
Nulla
infatti
è
più
lontano
dal
lavoro
dell’arte
dello
scabroso
connubio
che
stiamo
vivendo
tra
due
enormi,
inaspettati
disastri
epocali,
eppure
nulla
vi
è
anche
di
più
vicino
e
di
più
pertinente,
di
più
attivamente,
dolorosamente
efficace, di più presente alla coscienza e alle ragioni degli artisti.
Perchè
la
sostanza
stessa
del
loro
immaginario
è
in
larga
parte
costituita,
consapevoli
o
meno
che
essi
ne
siano,
proprio
dalle
atmosfere
in
cui
è
immersa
la
loro
vita
e
in
cui
si
svolge
la
loro
esperienza quotidiana.
Tra
proditorie
aggressioni,
invasioni
sanguinarie,
stragi
inaudite
di
civili,
stiamo
attraversando
un
periodo
in
cui
la
pace,
bene
prezioso
del
mondo,
scelta
di
civiltà
irrinunciabile
per
ogni
uomo
consapevole,
è
in
mortale
pericolo.
Mai
come
oggi
le
mille
«piccole»
guerre
presenti
nel
pianeta
rischiano
di
fondersi
e
deflagrare
in
un’ultima,
purtroppo
definitiva
guerra
planetaria.
Pressochè
in
tutti
i
governanti
di
ogni
Paese
prevale
la
volontà
di
imporre
sugli
altri
la
propria
visione
e
i
propri interessi di parte.
I
nazionalismi,
gli
egoismi,
i
populismi
all'origine
della
Prima
e
della
Seconda
guerra
mondiale
si
ripresentano
dunque
in
modo
incalzante,
e
siamo
di
fronte
a
una
irrefrenabile
corsa
al
riarmo
in
tutto
il
mondo,
a
una
caduta
verticale
della
ragionevolezza
e
della
ricerca
di
dialogo
e
di composizione pacifica dei contrasti.
E
tra
isterismi
e
condanne,
sollevazioni
di
scudi
e
indignazioni,
chiunque
proclami
la
priorità
della
ricerca
di
pace
rispetto
ad
ogni
altra
presa
di
posizione
è
guardato
con
sospetto
se
non
esplicitamente
tacciato di collaborazionismo e connivenza con il «nemico».
Gli
artisti
non
hanno
certo
i
mezzi
per
intervenire
nei
meccanismi
e
nelle
ragioni
complesse
di
questa
marea
montante
di
violenza
cieca.
Una
violenza
che
viene
rovinosamente
crescendo
come
cresce,
mano
a
mano
che
rotola,
una
valanga
che
precipita
e
crolla
vorticosamente
verso la sua fine.
Ma
una
cosa
l’arte
e
gli
artisti
la
possono
(
e
direi
anche
la
devono
)
fare.
Possono
premere
sul
mondo
con
tutta
l’energia,
la
suggestione,
la
potenza
mutevole
del
loro
immaginario.
Possono
(
devono
)
farsi
sentire
nel
loro
rifiuto
della
violenza,
nel
loro
rifiuto
della
rassegnazione,
nel
loro rifiuto dell’inevitabilità del ricorso alle armi.
No,
non
è
vero
che
tutti
sono
colpevoli
o
innocenti
allo
stesso
modo.
Tra
nazioni
e
governanti
c’è
chi
aggredisce
e
chi
è
aggredito,
e
certo
non
è
la
stessa
cosa.
Ma
il
nemico
vero,
il
nemico
da
sconfiggere
rimane comunque la guerra.
La
pace
oggi
-
come
ha
scritto
il
Presidente
dell’ANPI
Gianfranco
Pagliarulo
-
«non
è
una
predicazione
astratta
da
anime
belle
che
non
si
fanno
carico
delle
dure
repliche
della
realtà,
ma
un
obiettivo
urgente
ed
essenziale
per
evitare
un
ancor
più
grande
sacrificio
del
popolo
ucraino
aggredito
e
una
incontrollata
esplosione
del
teatro
di
guerra
con un effetto domino».
L’autentico
scandalo,
il
grande
tabù
che
dobbiamo
finalmente
riconoscere
è
quello
dell’uso
della
violenza,
comportamento
cieco,
barbaro,
primitivo
cui
ancora
si
ricorre
per
risolvere
rivendicazioni
territoriali,
diversità
di
vedute,
differenze
di
prospettiva
e
di
opinioni
generali. Per imporre agli altri la propria potenza.
Non
si
può
accettare,
non
ci
si
deve
rassegnare,
non
si
deve
tornare
indietro
nella
storia
dell’umanità.
L’intelligenza
delle
cose
deve
prevalere. Dichiariamo la Pace!