numero

| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 |

3 maggio 2022

La guerra in Ucraina è

l'escalation della disumanità

di Edgar Morin Viviamo una pace bellica, il corpo comodamente in pace, la mente tra bombe e macerie. Attacchiamo a parole un nemico che ci attacca a sua volta con le minacce, ma noi dormiamo nel nostro letto, non in un rifugio. Eppure partecipiamo alla vera guerra senza esservi entrati, ma portando armi e munizioni. […] La strategia dell’esercito russo è implacabile. È figlia della strategia di Zhukov durante la seconda guerra mondiale, che dava il ruolo primario ai formidabili bombardamenti dell’artiglieria, non solo contro l’esercito nemico, ma anche contro le città da prendere, lasciando alla fine l’annientamento totale della capitale del Reich, Berlino, con l’artiglieria pesante. Come accade con ogni esercito vittorioso, ma più terribilmente nell’avanzata sovietica in Germania, furono innumerevoli i massacri e gli stupri. Allora lo sapevamo, ma ci guardavamo bene dal denunciarli, spiegandoli come una vendetta per le enormi sofferenze e le morti inflitte dalla Germania nazista alle popolazioni sovietiche. Per quanto riguarda l’Ucraina, un popolo se non fratello almeno cugino stretto del popolo russo, ci si può chiedere se i massacri e gli stupri siano dovuti al disordine di certe truppe, alla furia del fallimento o alla volontà di diffondere il terrore. […] Il carattere internazionale della guerra in Ucraina sta crescendo. È vero che il campo occidentale, guidato dagli Stati Uniti, dichiara di non essere in guerra con la Russia. Ma il suo intervento militare a favore dell’Ucraina è una guerra indiretta, a cui si aggiunge una guerra economica acuita dall’aumento delle sanzioni. Siamo in piena escalation, sostenuta da nuovi bombardamenti, nuove accuse reciproche, nuove ondate di criminalizzazione reciproca. La guerra indiretta inclusa nella guerra d’Ucraina può in qualsiasi momento allargarsi in seguito a dei bombardamenti non accidentali sul territorio russo o europeo. Oltre a questo, Putin ha ripetuto la sua minaccia di una risposta “immediata e fulminea” se una certa soglia non specificata di ostilità o interferenza minacciasse la Russia, riferendosi a un’arma decisiva, sconosciuta a qualsiasi altro Paese, che solo la Russia possiederebbe. Questa minaccia non è presa sul serio dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, sulla base di un argomento apparentemente razionale, ben noto fin dalla guerra fredda. Se la Russia vuole annientarci, una risposta immediata la annienterebbe a sua volta. Questo argomento razionale non tiene conto di una possibile accidentalità e di una possibile irrazionalità. La possibile accidentalità sarebbe il lancio involontario di un ordigno nucleare contro il potenziale nemico, che scatenerebbe una risposta nucleare immediata. La possibile irrazionalità è quella di un dittatore pieno di rabbia o in preda al delirio. […] Aggiungiamo un’osservazione importante: la guerra introduce nei Paesi in conflitto controlli, sorveglianza, l’eliminazione di qualsiasi opinione che si discosti dalla linea ufficiale e lo scatenamento della propaganda per giustificare permanentemente i propri atti e criminalizzare ontologicamente il nemico. La Russia di Putin era già uno Stato autoritario agli ordini di un dittatore. La guerra ha aggravato il controllo e la repressione lì, colpendo non solo coloro che si sono opposti all’aggressione, ma anche coloro che hanno messo in dubbio la sua validità. In Ucraina, la caccia alle spie e ai terroristi ha dato luogo a un controllo della popolazione, gli eccessi commessi da alcune delle sue truppe o dai banderisti vengono nascosti, e pur denunciando delle violenze reali, la propaganda si scatena contro un nemico totalmente criminalizzato. […] Siamo nell’escalation della disumanità e nel crollo dell’umanità, nell’escalation del semplicismo e nel crollo della complessità. Ma soprattutto, l’escalation verso la guerra globale è il crollo dell’umanità nell’abisso. Possiamo sfuggire a questa logica infernale? L’unica possibilità sarebbe un compromesso di pace che stabilisca e garantisca la neutralità dell’Ucraina. Lo status delle regioni russofone del Donbass potrebbe essere deciso con un referendum. Quello della Crimea, una regione tartara parzialmente russificata, meriterebbe uno status speciale. Insomma, le condizioni per un compromesso, per quanto difficile da stabilire, sono chiare. Ma la radicalizzazione e l’ampliamento della guerra ne stanno innegabilmente riducendo le possibilità. […] L’Ucraina è vittima non solo della Russia, ma del peggioramento delle relazioni conflittuali tra gli Stati Uniti e la Russia, compreso, naturalmente, l’allargamento della Nato, che è a sua volta inseparabile dalle preoccupazioni sollevate dalla guerra russa in Cecenia e dal suo intervento militare in Georgia. La salvezza dell’Ucraina non sta solo nel liberarsi dall’invasione russa, ma anche dall’antagonismo tra la Russia e gli Stati Uniti. Le sanzioni contro la Russia, pur colpendo duramente non solo il regime di Putin, ma anche il popolo russo, non sappiamo fino a che punto colpiscano anche i sanzionatori ricadendo in parte su di loro: non è solo il loro approvvigionamento energetico e alimentare ad essere minacciato, è senza dubbio, con l’aumento dell’inflazione e le restrizioni a venire, la loro economia e tutta la loro vita sociale: una crisi economica è sempre di per generatrice di regressioni autoritarie e dell’instaurazione durevole di società di sottomissione. La Russia di Putin è un abominevole regime autoritario. Ma non è paragonabile alla Germania di Hitler; il suo egemonismo panslavista non è, come quello di Hitler, la volontà di colonizzare l’Europa e di schiavizzare i popoli razzialmente inferiori. Qualsiasi hitlerizzazione di Putin è eccessiva. Siamo in un mondo dominato dagli antagonismi tra le superpotenze e consegnato a deliri etnici, nazionalisti, razzisti e religiosi. Per quanto le superpotenze possano essere ripugnanti in vari modi, la distensione nei loro conflitti è una condizione sine qua non per evitare disastri diffusi. Dobbiamo quindi sforzarci di raggiungere un compromesso. Questo non salverebbe l’umanità, ma ne guadagnerebbe una tregua e, forse, una speranza. (traduzione di Luis E. Moriones)

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

12 Edgar Morin   Sociologo, filosofo e saggista, è nato a Parigi nel 1921.  E’ noto in tutto il mondo per essere teorico e praticante del «pensiero complesso».
Riproduco qui alcuni brani tra i più significativi di un articolo che il celebre filosofo francese ha pubblicato recentemente su Repubblica. Si tratta, come di consueto, di un testo di grande lucidità e, pur non riguardando l’arte, mi sembra interessante richiamarlo. Per leggere l’articolo integrale si può cliccare il collegamento qui sotto, che però temo sia riservato agli abbonati. (G.S.)

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

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3 maggio 2022

La guerra in Ucraina

è l'escalation della

disumanità

di Edgar Morin Viviamo una pace bellica, il corpo comodamente in pace, la mente tra bombe e macerie. Attacchiamo a parole un nemico che ci attacca a sua volta con le minacce, ma noi dormiamo nel nostro letto, non in un rifugio. Eppure partecipiamo alla vera guerra senza esservi entrati, ma portando armi e munizioni. […] La strategia dell’esercito russo è implacabile. È figlia della strategia di Zhukov durante la seconda guerra mondiale, che dava il ruolo primario ai formidabili bombardamenti dell’artiglieria, non solo contro l’esercito nemico, ma anche contro le città da prendere, lasciando alla fine l’annientamento totale della capitale del Reich, Berlino, con l’artiglieria pesante. Come accade con ogni esercito vittorioso, ma più terribilmente nell’avanzata sovietica in Germania, furono innumerevoli i massacri e gli stupri. Allora lo sapevamo, ma ci guardavamo bene dal denunciarli, spiegandoli come una vendetta per le enormi sofferenze e le morti inflitte dalla Germania nazista alle popolazioni sovietiche. Per quanto riguarda l’Ucraina, un popolo se non fratello almeno cugino stretto del popolo russo, ci si può chiedere se i massacri e gli stupri siano dovuti al disordine di certe truppe, alla furia del fallimento o alla volontà di diffondere il terrore. […] Il carattere internazionale della guerra in Ucraina sta crescendo. È vero che il campo occidentale, guidato dagli Stati Uniti, dichiara di non essere in guerra con la Russia. Ma il suo intervento militare a favore dell’Ucraina è una guerra indiretta, a cui si aggiunge una guerra economica acuita dall’aumento delle sanzioni. Siamo in piena escalation, sostenuta da nuovi bombardamenti, nuove accuse reciproche, nuove ondate di criminalizzazione reciproca. La guerra indiretta inclusa nella guerra d’Ucraina può in qualsiasi momento allargarsi in seguito a dei bombardamenti non accidentali sul territorio russo o europeo. Oltre a questo, Putin ha ripetuto la sua minaccia di una risposta “immediata e fulminea” se una certa soglia non specificata di ostilità o interferenza minacciasse la Russia, riferendosi a un’arma decisiva, sconosciuta a qualsiasi altro Paese, che solo la Russia possiederebbe. Questa minaccia non è presa sul serio dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, sulla base di un argomento apparentemente razionale, ben noto fin dalla guerra fredda. Se la Russia vuole annientarci, una risposta immediata la annienterebbe a sua volta. Questo argomento razionale non tiene conto di una possibile accidentalità e di una possibile irrazionalità. La possibile accidentalità sarebbe il lancio involontario di un ordigno nucleare contro il potenziale nemico, che scatenerebbe una risposta nucleare immediata. La possibile irrazionalità è quella di un dittatore pieno di rabbia o in preda al delirio. […] Aggiungiamo un’osservazione importante: la guerra introduce nei Paesi in conflitto controlli, sorveglianza, l’eliminazione di qualsiasi opinione che si discosti dalla linea ufficiale e lo scatenamento della propaganda per giustificare permanentemente i propri atti e criminalizzare ontologicamente il nemico. La Russia di Putin era già uno Stato autoritario agli ordini di un dittatore. La guerra ha aggravato il controllo e la repressione lì, colpendo non solo coloro che si sono opposti all’aggressione, ma anche coloro che hanno messo in dubbio la sua validità. In Ucraina, la caccia alle spie e ai terroristi ha dato luogo a un controllo della popolazione, gli eccessi commessi da alcune delle sue truppe o dai banderisti vengono nascosti, e pur denunciando delle violenze reali, la propaganda si scatena contro un nemico totalmente criminalizzato. […] Siamo nell’escalation della disumanità e nel crollo dell’umanità, nell’escalation del semplicismo e nel crollo della complessità. Ma soprattutto, l’escalation verso la guerra globale è il crollo dell’umanità nell’abisso. Possiamo sfuggire a questa logica infernale? L’unica possibilità sarebbe un compromesso di pace che stabilisca e garantisca la neutralità dell’Ucraina. Lo status delle regioni russofone del Donbass potrebbe essere deciso con un referendum. Quello della Crimea, una regione tartara parzialmente russificata, meriterebbe uno status speciale. Insomma, le condizioni per un compromesso, per quanto difficile da stabilire, sono chiare. Ma la radicalizzazione e l’ampliamento della guerra ne stanno innegabilmente riducendo le possibilità. […] L’Ucraina è vittima non solo della Russia, ma del peggioramento delle relazioni conflittuali tra gli Stati Uniti e la Russia, compreso, naturalmente, l’allargamento della Nato, che è a sua volta inseparabile dalle preoccupazioni sollevate dalla guerra russa in Cecenia e dal suo intervento militare in Georgia. La salvezza dell’Ucraina non sta solo nel liberarsi dall’invasione russa, ma anche dall’antagonismo tra la Russia e gli Stati Uniti. Le sanzioni contro la Russia, pur colpendo duramente non solo il regime di Putin, ma anche il popolo russo, non sappiamo fino a che punto colpiscano anche i sanzionatori ricadendo in parte su di loro: non è solo il loro approvvigionamento energetico e alimentare ad essere minacciato, è senza dubbio, con l’aumento dell’inflazione e le restrizioni a venire, la loro economia e tutta la loro vita sociale: una crisi economica è sempre di per generatrice di regressioni autoritarie e dell’instaurazione durevole di società di sottomissione. La Russia di Putin è un abominevole regime autoritario. Ma non è paragonabile alla Germania di Hitler; il suo egemonismo panslavista non è, come quello di Hitler, la volontà di colonizzare l’Europa e di schiavizzare i popoli razzialmente inferiori. Qualsiasi hitlerizzazione di Putin è eccessiva. Siamo in un mondo dominato dagli antagonismi tra le superpotenze e consegnato a deliri etnici, nazionalisti, razzisti e religiosi. Per quanto le superpotenze possano essere ripugnanti in vari modi, la distensione nei loro conflitti è una condizione sine qua non per evitare disastri diffusi. Dobbiamo quindi sforzarci di raggiungere un compromesso. Questo non salverebbe l’umanità, ma ne guadagnerebbe una tregua e, forse, una speranza. (traduzione di Luis E. Moriones)
Riproduco qui alcuni brani tra i più significativi di un articolo che il celebre filosofo francese ha pubblicato recentemente su Repubblica. Si tratta, come di consueto, di un testo di grande lucidità e, pur non riguardando l’arte, mi sembra interessante richiamarlo. Per leggere il testo integrale si può cliccare il collegamento qui sotto, che però temo sia riservato agli abbonati. (G.S.)