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Adriano Bimbi
scultore
Caro Seveso, ho
ricevuto il tuo invito a discutere sulle questioni inerenti al
"sistema dell'arte oggi"' sollecitazione che, visto i tempi, ritengo
quanto mai opportuna anche se non me ne sono mai occupato
specificatamente.
Noto però che qualcosa non torna in tutta quanta questa faccenda e
condivido con te la necessità di discuterne attraverso il tuo nuovo
sito, anche se purtroppo ahimè ho poca dimestichezza con Internet,
ma trovo straordinario poter interagire con gli altri nel mondo
quando voglio e nel modo che desidero con l'ausilio di un telefonino
che porto in tasca: fantastico!
Oggi grazie alla tecnologia si assiste ad un proliferare di nuovi
linguaggi creativi; la multimedialità disegna davanti ai nostri
occhi un nuovo mondo; se faccio un po' di fatica a capire non vuol
dire che non apprezzi il diritto che ognuno ha di esprimersi
liberamente.
Ma com'è, e qui davvero i conti non tornano, che se io voglio per
così dire tirare due pennellate sulla tela, vengo messo all'indice e
segnato come troglodita o, peggio, lasciato nel mio cantuccio
volutamente ignorato?
Assisto anno dopo anno ad una progressiva indifferenza verso quelle
che un tempo erano le belle arti non solo da parte degli addetti ai
lavori, ma anche dalle varie istituzioni che pur dovrebbero
consentire il diritto alla ricerca.
Come sai insegno Pittura all'Accademia di Belle Arti di Firenze e ti
posso assicurare che mi sento come un indiano confinato nella sua
riserva, non inutile ma disutile, come se fossi un pensiero dannoso,
forse dannato, da sopprimere con tutta la forza terribile della loro
ignoranza.
Questa nella sua miseria è una vera questione. Se mi chiedo quali
siano le ragioni ho come uno smarrimento, non mi viene altro che
rispondere alla maniera semi seria di Totò: "a prescindere "!
Dunque perché tanta sconsiderata sfiducia in quelle che sono le
fondamenta dell'arte?
Già Albert Camus nel1957 scriveva: "Oggi l'odio per l'arte di cui la
nostra società offre ottimi esempi ha una così grande efficacia solo
perché è condiviso dagli stessi artisti. Gli artisti che ci hanno
preceduto dubitavano del proprio talento, quelli di oggi dubitano
che l'arte sia necessaria e quindi mettono in dubbio la loro stessa
esistenza".
C'è una così grande responsabilità dell'artista?
Io penso di si, ce la siamo guadagnata sul campo credendo noi per
primi e lasciandolo credere agli altri che per l'artista tutto è
lecito, che può fare e disfare ciò che vuole.
Senza regole è iniziato un gioco che si è voluto assurdo.
All'arte, distesa sul lettino dello specialista, dal vivo, senza
anestesia, gli è stata praticata l'autopsia. Sezionate tutte le
membra, divisi gli organi, sollecitati tutti i nervi e sparso il
sangue in mille rivoli, è stato stabilito che quel che conta è solo
il cervello. Ridotta a mero concetto, senza il corpo né i sensi,
viene esposta come una reliquia, col santone di turno che ne
commemora le spoglie.
Ogni gioco ha le sue regole, e l'arte ha le sue. Non sono né i mezzi
né il fine, ma la loro sapiente commistione, quella necessaria
combinazione alle volte sconosciuta allo stesso artefice, capace di
definire le proprietà dell'opera, cosicché essa ne sprigioni il
senso con tutta la sua possibile bellezza.
Ottone Rosai usava dire come paradosso, con la sua acida vena
polemica, che già i Greci avevano inventato il cinema, e che per
fare un'opera d'arte bastava un pezzetto di carbone ed un foglio di
carta.
Nel buio dei nostri tempi di tanto in tanto appare qualche bagliore,
qualcuno sta lavorando per rimettere insieme tutta la carcassa,
pezzo per pezzo, per l'appunto, a regola d'arte.
Quando ciò accade si accendono gli occhi anche a chi non vuol
vedere. Forse occorre un po' di pazienza e tanta, tanta fiducia
nell'arte.
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data di pubblicazione in
questo sito
27/02/2011 |