INTERVENTI
Una recensione
di
Giorgio
Seveso
SOMMARIO
RIFLESSIONI, POLEMICHE, PROPOSTE DI ARTE CONTEMPORANEA
24 maggio 2013
LE RELIQUIE
DOMESTICHE DI FABRIZIO
MERISI
Una volta Fabrizio Merisi ha scritto:
"Sono pittore di 'nature morte', e
lavoro solitamente nel chiuso del mio
studio, mal sopportando non solo gli
spazi aperti ma anche la
contaminazione col 'pubblico' e con la
estemporaneità. La sostanza della
mia pittura si stratifica per lenta
sedimentazione; gli spazi temporali
sono rallentati e sfasati in rapporto
alle scansioni dell'economico e del
tecnologico: seguono un tracciato circolare, più attratto
dallo zero assoluto interno che da una fuga progressiva
verso l'esterno". E ancora, in un'altra occasione: "Non
guardo all'orizzonte con la speranza che appaia la terra
promessa. Il mio piacere consiste nel camminare sul
bordo estremo, guardando attentamente fra le pieghe
del terreno nella speranza di trovare
qualche piccolo seme di poesia,
dimenticato e incalpestato..."
Ecco dunque un artista parecchio
distante dal "modello" oggi prevalente,
concentrato da tutta una vita a
manipolare materiali figurali di preziosa
densità umana e di raro lirismo,
conducendo un suo lavoro appartato e
rigoroso, sempre di affilata tensione e di
grande suggestione. Ieri
con una pittura liscia e
scabra, misuratissima.
Oggi invece - a sorpresa,
senza mutare in nulla
l'assorta natura della sua
poetica - con un sapiente
assemblaggio ed
elaborazione di oggetti in
tre dimensioni: tracce e
lacerti ricavati e ricostruiti
dal repertorio del suo
immaginario e dalla sua
cultura d'origine della
"bassa" lombarda.
Sono frammenti di tela e
tralci di potatura, lini e
rami, pesci di gesso e
garze, penne di pavone,
bende e cartapesta, corde
e fil di ferro. Come teatrini di meraviglie domestiche,
come dimesse vanitas popolari o "messe in scena" di
teche da naturalista contadino, reliquie pietosissime
immaginate su risonanze surreali e indignazioni
umanistiche, queste sue nuove opere stanno sospese
tra pittura e scultura e installazione, tra ritrovamenti e
ricombinazioni di memorie e simboli, tra scabrosità di
relitti e sacralità di reliquie, aprendo tutta una nuova,
ariosa profondità di prospettive alla magia delle sue
immagini e alla portanza delle sue metafore.
A dimostrare che, quando il talento è reale e la tensione
poetica autentica, i mezzi dell'espressione possono
anche mutare senza che nulla si perda della loro
narrazione, senza che si appanni nelle preoccupazioni
formali la lucentezza e il brivido del loro messaggio. E
ad attestare che la vera attualità dell'arte, al netto delle
mode e delle superficialità trionfanti, consiste - come qui
- nella sua densità e verità lirica, unica morale estetica
oggi decentemente praticabile.
Dal risvolto di copertina del
catalogo
Considero il lavoro artistico un mezzo
per visualizzare la condizione
esistenziale, in rapporto stretto con
interessi antropologici e la cultura
surrealista della globalità. Sul
versante etnografico le mie ricerche si
sono concretizzate in una intensa
attività museografica per conto del
Museo del Lino di Pescarolo, che
annovera una ricchissima raccolta di
strumenti, manufatti tessili e
testimonianze che riguardano la
lavorazione della fibra del lino,
evidenziandone la centralità nella
cultura contadina. Nel 1996 assumo il
ruolo di direttore del museo e nello
stesso anno l'attenzione per le
pratiche di recupero e riuso degli
scarti mi porta a realizzare la mostra
“II Rattoppo. Bisogno e creatività nelle
pratiche contadine”, accompagnata
da un volume di notevole rilevanza
teorica, soprattutto per l'apporto di
Pietro Clemente, già allora figura centrale nel panorama
di rinnovamento critico della antropologia culturale
italiana. Questo incontro e il costante rapporto di
collaborazione e amicizia che ne è seguito è stato
fondamentale per l'acquisizione di consapevolezza circa
la complessità del rapporto fra 'materiale' e 'immateriale'
nell'ambito della cultura contadina, ma anche
dell'importanza dello scambio e dell'ibridazione fra
individui, popoli e culture.
Col passare degli anni, l'iniziale diaframma di
separatezza tra pratiche artistiche e ricerca etnografica
si è andato assottigliando fino all'instaurarsi di una forte
connessione organica e al trasferimento continuo da un
campo all'altro di conoscenze, comportamenti ed
esperienze creative.
Fabrizio Merisi
riContemporaneo.org
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Questo numero è online da aprile 2013 / Ultimo aggiornamento: 20 ottobre 2013
Critico d’arte e
giornalista, vive e
opera a Milano dal
1969.
E’ nato a Sanremo nel
1944.
La mostra
Fabrizio Merisi
PESCI FASCIATI
Relitti reliquie fascinazioni
testo critico
di Claudio Cerritelli
SpazioTemporaneo
via Solferino 56 Milano
dal 23 aprile al 2 giugno 2013