numero

UNA NECESSITÀ

PROFONDA

La pittura riesce ad avvicinarsi al nocciolo della

questione

A cosa è servito tutto il mio fare nel campo dell’arte? Perché ho sacrificato così tanto tempo e denaro in una lunga e ininterrotta attività che non produceva alcuna utilità materiale? Ecco, qui sta il segreto di tutto, è stata una necessità profonda, duratura, di penetrare nella realtà, svelarne, capirne i meccanismi dolorosi, ineluttabili, perenni, per giungere alla luce, alla pacificazione, all'equilibrio precario e momentaneo della situazione in atto, di un groviglio di forme, che si dipanano, si velano, si rarefanno, diventano trasparenti. In questo incedere si va avanti, si procede nei sentieri dell'esistenza e questa è la vita sacrosanta che mi è stata concessa e che ho fatto con determinazione. Questo e nient'altro, ma in questi percorsi succede un po' di tutto, tutti i sentimenti entrano in gioco, tra l'abisso e il cielo stellato e cerchiamo la situazione possibile che ci soddisfi in quel momento, la raggiungiamo e poi ripartiamo di nuovo. In tutto questo movimento, lo spazio, il tempo e la materia tenderebbero a darsi un centro, un senso, una giustificazione, una logica, e in alcuni istanti, momenti magici, si tocca la perfezione dell'estasi, che potremmo chiamare amore. Le parole a disposizione sono sempre fragili, limitate, sempre le stesse, di fronte alla complessità della questione, del fenomeno in atto. La differenza tra lo scrivere e il fare arte però per me è notevole. Nella pittura si riesce meglio ad avvicinarsi al nocciolo della questione, diciamo all'essenza, all'immanenza, al momento magico detto prima. I cinquant'anni di tutti i miei segni, le mie forme, i miei colori, sono il più vero, più autentico, più incisivo romanzo della mia vita. Qui non ho mai scherzato, non mi sono mai perso in lamentele noiose e inutili sui mali del mondo che tutti dovrebbero sapere o che non vogliono vedere. Ho proceduto per accordi, misure, sintesi formali, con l'unico scopo di giungere alla luce, a un senso compiuto, a una pacificazione che dona calma e serenità. Continuo a ripetermi, come nella mia arte, in questa danza di parole circolari che tornano sempre al punto di partenza per poi ripartire rinnovate, in una specie di mirabolante ossessione che è propria di ogni artista. Che gioia, che emozione continua, manipolare questi elementi concreti di forme, colore, ritmo, trasparenza, rarefazione, concentrazione, altro che le parole, altro che i concetti mentali. In pittura ci sono anche i concetti, i pensieri visivi prima dell'atto, ma poi quando si agisce con la materia a disposizione, è tutta un’altra faccenda, penso sia così anche per i musicisti. Qui sta il punto, la differenza, perché i tempi e le istanze espressive sono fondamentalmente diversi. Nel predisporre un concetto, una frase, una parola, la nostra mente elabora un progetto, un disegno complessivo di senso del fatto da narrare, il tutto in un tempo esteso e coordinato per successive fasi che delimitano, circoscrivono quel pensiero. Nell’espressioni pittorica, invece, alle prese con la materia concreta dei colori, delle forme e dei segni, il tempo dell’azione si frantuma, si parcellizza in una miriade di stimoli, di attimi che si organizzano e si realizzano momento per momento in una improvvisazione continua, un po’ come nel jazz, in cui il ragionamento costruttivo razionale e preordinato non è necessario e funzionale alla riuscita dell’atto che si manifesta nella realizzazione della visione concreta e che appare inattesa ad illuminare e risolvere la scena. Ci sentiamo come funamboli, animali illuminati, potenti ed eleganti, con un formidabile ed infallibile istinto percettivo che ci fa fare la cosa giusta, la più essenziale, la più elegante, la più bella. Il tutto si manifesta in quel preciso momento e concorre nei tempi e azioni successive ad orchestrare una magica e personale sinfonia di visioni che soddisfano il mio godimento estetico di armonia e di senso. In quei precisi e intensi momenti liberatori, il nostro cervello non ragiona come al solito, costretto e imbrigliato nelle facezie quotidiane, ma vola leggero e ispirato di fiore in fiore, assapora tutti i profumi e si espande nell’universo infinito. Da “Il tempo e le tracce”, libro autobiografico di prossima pubblicazione.
| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso dal 2011 | Codice ISSN 2239-0235 |

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

10 Roberto Plevano  Pittore, è nato a Chiavenna nel 1948. Vive e lavora a Milano.

UNA NECESSITÀ

PROFONDA

La pittura riesce ad avvicinarsi al

nocciolo della questione

di Roberto Plevano A cosa è servito tutto il mio fare nel campo dell’arte? Perché ho sacrificato così tanto tempo e denaro in una lunga e ininterrotta attività che non produceva alcuna utilità materiale? Ecco, qui sta il segreto di tutto, è stata una necessità profonda, duratura, di penetrare nella realtà, svelarne, capirne i meccanismi dolorosi, ineluttabili, perenni, per giungere alla luce, alla pacificazione, all'equilibrio precario e momentaneo della situazione in atto, di un groviglio di forme, che si dipanano, si velano, si rarefanno, diventano trasparenti. In questo incedere si va avanti, si procede nei sentieri dell'esistenza e questa è la vita sacrosanta che mi è stata concessa e che ho fatto con determinazione. Questo e nient'altro, ma in questi percorsi succede un po' di tutto, tutti i sentimenti entrano in gioco, tra l'abisso e il cielo stellato e cerchiamo la situazione possibile che ci soddisfi in quel momento, la raggiungiamo e poi ripartiamo di nuovo. In tutto questo movimento, lo spazio, il tempo e la materia tenderebbero a darsi un centro, un senso, una giustificazione, una logica, e in alcuni istanti, momenti magici, si tocca la perfezione dell'estasi, che potremmo chiamare amore. Le parole a disposizione sono sempre fragili, limitate, sempre le stesse, di fronte alla complessità della questione, del fenomeno in atto. La differenza tra lo scrivere e il fare arte però per me è notevole. Nella pittura si riesce meglio ad avvicinarsi al nocciolo della questione, diciamo all'essenza, all'immanenza, al momento magico detto prima. I cinquant'anni di tutti i miei segni, le mie forme, i miei colori, sono il più vero, più autentico, più incisivo romanzo della mia vita. Qui non ho mai scherzato, non mi sono mai perso in lamentele noiose e inutili sui mali del mondo che tutti dovrebbero sapere o che non vogliono vedere. Ho proceduto per accordi, misure, sintesi formali, con l'unico scopo di giungere alla luce, a un senso compiuto, a una pacificazione che dona calma e serenità. Continuo a ripetermi, come nella mia arte, in questa danza di parole circolari che tornano sempre al punto di partenza per poi ripartire rinnovate, in una specie di mirabolante ossessione che è propria di ogni artista. Che gioia, che emozione continua, manipolare questi elementi concreti di forme, colore, ritmo, trasparenza, rarefazione, concentrazione, altro che le parole, altro che i concetti mentali. In pittura ci sono anche i concetti, i pensieri visivi prima dell'atto, ma poi quando si agisce con la materia a disposizione, è tutta un’altra faccenda, penso sia così anche per i musicisti. Qui sta il punto, la differenza, perché i tempi e le istanze espressive sono fondamentalmente diversi. Nel predisporre un concetto, una frase, una parola, la nostra mente elabora un progetto, un disegno complessivo di senso del fatto da narrare, il tutto in un tempo esteso e coordinato per successive fasi che delimitano, circoscrivono quel pensiero. Nell’espressioni pittorica, invece, alle prese con la materia concreta dei colori, delle forme e dei segni, il tempo dell’azione si frantuma, si parcellizza in una miriade di stimoli, di attimi che si organizzano e si realizzano momento per momento in una improvvisazione continua, un po’ come nel jazz, in cui il ragionamento costruttivo razionale e preordinato non è necessario e funzionale alla riuscita dell’atto che si manifesta nella realizzazione della visione concreta e che appare inattesa ad illuminare e risolvere la scena. Ci sentiamo come funamboli, animali illuminati, potenti ed eleganti, con un formidabile ed infallibile istinto percettivo che ci fa fare la cosa giusta, la più essenziale, la più elegante, la più bella. Il tutto si manifesta in quel preciso momento e concorre nei tempi e azioni successive ad orchestrare una magica e personale sinfonia di visioni che soddisfano il mio godimento estetico di armonia e di senso. In quei precisi e intensi momenti liberatori, il nostro cervello non ragiona come al solito, costretto e imbrigliato nelle facezie quotidiane, ma vola leggero e ispirato di fiore in fiore, assapora tutti i profumi e si espande nell’universo infinito. Da “Il tempo e le tracce”, libro autobiografico di prossima pubblicazione.

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10 Roberto Plevano  Pittore, è nato a Chiavenna nel 1948. Vive e lavora a Milano.