UN MEA CULPA?
Nel campo delle arti figurative il termine artista è da
sempre assai inflazionato
Giorgio
Seveso
pone
alcuni
interrogativi
sull’attuale
situazione
artistica
italiana
e
sulle
sue
contraddizioni.
Il
quesito
più
importante
da
risolvere
è:
cosa
occorre
cambiare.
Prima
di
ipotizzare
qualche
risposta
o
tentare
una
definizione
della
parola
Arte,
è
bene
precisare
che
l’arte
e
il
mercato
non
procedono
parallelamente
perché
hanno
intenzionalità
e
percorsi
differenti.
Scrive
Panza
di
Biumo,
collezionista
di
fama
mondiale
scomparso
nel
2010:
“Non
si
può
creare
una
buona
collezione
di
arte
contemporanea
con
l’idea
di
investimento.
Anche
perché
questo
tipo
di
arte
è
soggetto
più
di
altre
alle
fluttuazioni
e
alle
mode.
È
un’arte
proiettata
al
futuro.
E
per
capirla
bisogna
abbandonare
i
vecchi schemi”.
Se
qualcuno
oggi
avesse
percezioni
positive
sul
cammino
dell’arte
e
dei
suoi
valori,
mi
riempirebbe
di
perplessità.
Per
quanto
mi
riguarda,
penso
che
se
anche
la
Storia
dell’arte
fosse
riscritta,
sarebbero
altri,
favoriti
dalla
sorte,
a
trarne
sollievo,
visto
che
ho
atteso
fino
al
2016
per
essere
annoverato
tra
i
primi
artisti
Pop
italiani,
grazie
alla
mostra
“Italia
Pop”
tenutasi
a
Parma
in
quell’anno.
Andando
a
ritroso
col
tempo,
non
bisogna
dimenticare
chi,
nell’ottobre
del
1968,
stampava
in
casa
col
ciclostile
la
rivista
Nac
(“Notiziario
di
arte
contemporanea”),
nata
per
volontà
di
Francesco
Vincitorio,
amato
da
tutti
negli
anni
’70
e
totalmente
dimenticato
oggi,
che
rifiutava
ogni
pubblicità
e
qualsiasi
possibile
condizionamento
economico.
Quell’impareggiabile
direttore,
sconosciuto
oggi
da
taluni
superpagati
critici
d’arte,
decise
di
promuovere
un
progetto
di
divulgazione
della
cultura
artistica.
Aderii
alle
sue
iniziative,
portando
ai
meeting
che
Vincitorio
organizzava
il
sabato
pomeriggio
alcuni
miei
vivaci
studenti
di
un
liceo
scientifico
milanese
(che
mi
ringraziarono
perché
appresero
così
dell’esistenza
di
Fontana
e
Burri,
importanti
autori
le
cui
opere
erano
già
esposte
nel
musei
di
tutto
il
mondo).
Pubblicai
sulla
rivista
Nac
uno
scritto,
sostenendo
che
per
risolvere
questi
problemi
di
comprensione
dell’arte
bisognava
partire
dall’educazione
artistica
dei
bambini
dell’asilo.
In
realtà
ho
scoperto
da
poco
che
questa
idea
di
educare
i
bambini
attraverso
l’arte
risale
addirittura
a
Platone,
come
ha
scritto
Argan
nella
prefazione
a
“Educare
con
l’arte”
scritto
da
Herbert
Read
nel
1954.
Dopo
l’arte
moderna,
nata
attorno
agli
anni
1860
e
che
possiamo
far
arrivare
fino
al
1970,
si
colloca
l’arte
contemporanea,
definita
anche
arte
postmoderna.
Credo
che
la
catalogazione
di
un
periodo
storico
o
di
un
movimento
artistico
dal
punto
di
vista
temporale
sia
piuttosto
limitante,
perché
l’arte
è
stata
sempre
in
divenire
e,
più
che
gli
stili
o
i
gruppi,
contano
le
personalità
creative
ed
autonome,
che
magari
ai
loro
tempi
sono
andate
controcorrente.
In
questi
ultimi
anni
Il
mercato
dell'arte,
fondato
da
sempre
sul
lungo
termine,
ha
incrociato
quello
della
finanza
fondato
sul
brevissimo
termine,
al
punto
da
fondersi
con
esso.
Alla
luce
di
ciò
è
stato
prorompente
l’apporto
di
un
sciame
di
impostori
e
giocolieri,
che
tuttora
imperversano
nel
mercato
dell’arte,
coadiuvati
dall’editoria
compiacente,
dai
collezionisti,
dalle
gallerie
d’arte
e
dalle
banche,
che
hanno
in
mano
le
subdole
redini
della
negoziazione,
proponendo
presunti
artisti
di
arte
contemporanea a prezzi salati.
Si
pensi
al
clamoroso
“Orinatoio”
di
Duchamp
del
1917,
alla
“Merda
d’artista”
di
Manzoni
degli
anni
’60,
al
laboratorio
di
serialità
di
Warhol
o
ai
tagli
infiniti
di
Fontana,
commercializzati
in
seguito
con
multipli
e
repliche
vendute
a
peso
d’oro.
Dei
primi
due
non
credo
si
tratti
di
grandi
artisti
ma
di
geniali
intellettuali,
mentre
i
secondi
sono
diventati
una
fabbrica
di
denari,
come
ricordava
Jean
Clair
nel
suo
famoso
articolo
su
Repubblica
del
23
ottobre
2013
“L’Arte
è
un
falso,
l’opera
contemporanea
tra
tecniche seriali e mercato impazzito”.
Ho
letto
qualcuno
degli
scritti
che
Giancarlo
Politi,
fondatore
e
direttore
della
rivista
Flash
Art,
ha
diffuso
via
mail
a
partire
dal
mese
di
maggio
del
2018.
In
questa
sua
rubrica
di
ricordi,
iniziata
con
“Amarcord
1”,
l’autore
umbro
ha
raccolto
riflessioni
sulla
sua
esperienza
di
editore
e
critico,
riportando
alla
memoria
personaggi
che
hanno
segnato
le
sorti
dell’arte
contemporanea
in
Italia.
In
“Amarcord
5“
afferma:
“Conobbi
personalmente
Lucio
Fontana
a
Trevi,
in
uno
dei
suoi
frequenti
soggiorni
da
Gavina,
personaggio
mitico
dell’arte
e
del
design.
Negli
anni
Cinquanta
aprì
un
grande
stabilimento
per
mobili
di
alta
qualità
e
design
a
Foligno,
a
pochi
chilometri
dalla
mia
casa.
Nel
nuovissimo
e
tecnologico
stabilimento
di
Foligno,
Fontana
era
di
casa,
per
rilassarsi,
per
gustare
la
cucina
umbra
di
cui
pare
fosse
un
estimatore,
ma
soprattutto
per
realizzare
le
sue
opere.
Affidava
i
suoi
disegni
a
un
operaio
che
li
realizzava
completamente
e
perfettamente.
Lucio,
infatti,
enfatizzava
la
bravura
degli
operai
di
Gavina,
con
cui
condivideva
pranzi
e
cene.
Rimasi
di
stucco
un
giorno
quando,
da
critico
d’arte,
gli
chiesi
da
dove
era
nata
l’idea
del
taglio
nelle
sue
opere:
un
gesto
su
cui
erano
stati
scritti
libri
sacri
che
richiamavano
la
fisica
quantistica,
il
buco
nero
o
la
terza
dimensione.
Mi
rispose,
lasciandomi
di
stucco,
che
l’idea
gli
era
venuta
dalla
‘figa’
di
V…,
che
io
conoscevo
bene
perché
era
un’artista
molto
attiva
(e
bravissima),
ed
era
stata
(o
era?)
la
fidanzata
di
Piero
Manzoni“…!
Viene
da
pensare:
perché
Politi
porge
a
noi
tutti
sul
piatto
d’argento
una
tale
gustosa
leccornia?
Si
tratta forse di un mea culpa?
Ma
tant’è.
Nel
campo
delle
arti
figurative
il
termine
artista
è
da
sempre
molto
inflazionato,
forse
anche
perché
la
categoria
si
riduce
sempre
di
più;
alcuni
muoiono,
altri
non
ce
la
fanno
a
reggere
al
lavoro
poco
riconosciuto,
difficile
e
stressante.
Tralasciamo
l’approfondimento
della
parola
artista
per
motivi
di
severità
e
per
non
ingenerare
confusione
con
chi
crede
di
esserlo.
Affermiamo
invece
che
esistono
molti
buoni
od
ottimi
pittori,
scultori,
registi,
musicisti,
poeti,
scrittori
ecc.
Di
artisti
invece
come
Fellini,
o
di
quelli
rivoluzionari
come
Giotto,
Caravaggio
o
Picasso,
che
produssero
il
nuovo,
non
ce
ne
sono
molti
e
tanti
forse
sono
ancora
da
scoprire.
Ma
la
cosa
più
buffa
è
che
molte
persone
considerano
impropriamente
artisti
quelli
che
possiedono
una
certa
bravura
tecnica
o
interpretativa,
come
gli
attori,
gli
interpreti
dei
melodrammi,
le
spogliarelliste,
i
disegnatori
di
vignette
umoristiche,
i
fumettari,
i
calzolai
che
cuciono
le
scarpe
a
mano,
i
circensi,
i
grandi
calciatori,
ecc.
Il
settore
dello
spettacolo
osa
di
più
definendo
i
canzonettari
grandi
artisti,
invece
che
definirli
semplicemente
cantanti,
magari
tecnicamente
bravi.
C’è
poi
chi
intende
l’arte
come
abilità
o
virtuosismo
specifico
di
chi
rivela
una
competenza
acquisita
o
perfezionata
tramite
l’esercizio
e
la
pratica
(l’arte
del
falegname
o
quella
dei
grandi
chef).
Non
si
può
quindi
negare
che
il
termine
artista
oggi
sia
persino
inflazionato,
grazie
all’ignoranza
di
quelli
che
considerano
artisti
coloro
che
operano nelle più svariate professioni. Resta poi da affermare che
le
Accademie
di
Belle
Arti,
i
Conservatori
di
Musica
o
le
Facoltà
di
Lettere
non
sfornano
necessariamente
artisti
in
queste
discipline,
mentre
è
ancora
più
risibile
chi
definisce
artisti
le
ballerine,
i
sarti
(oggi
denominati
stilisti
di
moda),
i
conduttori
di
programmi
televisivi,
i
calciatori
eccetera,
arrivando
a
ritenere
alcuni
di
loro,
come
ad
esempio,
Balotelli
o
Ronaldo,
“patrimoni
dell’umanità”
per
i
loro
virtuosismi.
Così
come
per
gli
attori,
i
cantanti
di
musica
leggera
e
classica,
i
pianisti
o
altri
strumentisti,
baciati
dalla
fortuna
di
possedere
alcune
doti,
sarebbe
più
giusto
chiamarli
grandi interpreti, anziché artisti.
Nel
frattempo,
per
liberare
il
campo
dai
dubbi,
sarei
tentato
di
indicare
definitivamente
cos’è
l’arte,
ma
non
lo
farò
perché
già
in
tanti
hanno
dato
definizioni
da
manuale
di
storia
dell’arte,
alimentando
infinite
discussioni
non
soltanto
in
ambito
accademico
ma
anche
tra
quegli
occasionali
fruitori
d’arte
che
nei
fine
settimana
affollano
le
mostre
allestite
nei
musei
ed
in
altri
siti.
Tra
l’altro
è
impossibile
immobilizzare
la
natura
dell’arte
in
una
spiegazione
teorica
qual
è
proposta
da
alcune
filosofie
estetiche,
del
tipo
l’arte
è
Bellezza,
oppure
Comunicazione
o
Forma
e
così
via.
Ancora
più
comunemente
si
pensa
all’arte
nel
suo
significato
più
generico,
quello
del
ritratto,
della
figura
umana
o
del
paesaggio
che
diventerebbe
arte
se
è
dipinto
tale
e
quale.
D’altro
canto,
ho
spesso
sentito
affermare,
persino
da
alcuni
esperti,
che
quel
tale
artista
è
bravissimo
o
che
quell’altro
è
modesto
se
non
pessimo:
ritengo
invece
che
non
sia
giusto
pensarla
in
questo
modo,
in
quanto
nessun
artista
è
scarso,
ma
si
può
invece
dire
che
un
pittore
o
uno
scultore
hanno
realizzato
brutte opere, se in riferimento alle arti figurative.